Una sola messa. Una sola offerta. Questo è ciò che il Vaticano chiede alle parrocchie: evitare di cumulare le richieste dei fedeli e di dedicare a ogni intenzione una singola e personale celebrazione. Qualora questo non fosse possibile, per mancanza di sacerdoti disponibili, il prete potrà trattenere sola una delle offerte ricevute, devolvendo il resto alle parrocchie in stato di necessità o a quelle nei “paesi di missione”.

Decreto – A tale scopo il Dicastero per il Clero, con il via libera di Papa Francesco, ha emanato un nuovo decreto (qui il testo integrale) che entrerà in vigore il 20 aprile, in occasione della Domenica di Pasqua. «É stato più volte espresso il divieto di applicare una sola Messa per più intenzioni, per le quali sono state accettate rispettivamente più offerte. Tale prassi, come anche la mancata applicazione di una Messa in rapporto all’offerta accettata, sono state giudicate contrarie alla giustizia, come viene ripetutamente espresso nei documenti ecclesiastici», si legge all’interno del Decreto del Dicastero per il clero sulla disciplina delle intenzioni delle Sante Messe.

Sacramenti – Sempre nel proclama, che porta la firma del cardinale prefetto Lazzaro You Heung sik, si sottolinea che per quanto riguarda i sacramenti – battesimi, comunioni, cresime e matrimoni – e i funerali, il sacerdote, «oltre alle offerte determinate dalla competente autorità», non deve domandare nulla, «evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell’aiuto dei sacramenti a motivo della povertà». L’offerta, come tra l’altro suggerisce la parola stessa, dovrebbe essere quindi sempre a discrezione dei fedeli. «Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa», si legge nel documento che ribadisce le parole di Papa Francesco contenute nell’Evangelii Gaudium (il libro uscito nel 2013). Tuttavia, come evidenziato qualche riga più avanti, non c’è nessuna demonizzazione dell’offerta: «I fedeli per mezzo dell’offerta vogliono unirsi più strettamente al Sacrificio Eucaristico aggiungendovi un sacrificio proprio e collaborando alle necessità della Chiesa e, in particolare, contribuendo al mantenimento dei suoi sacri ministri. In questo modo si uniscono più intimamente a Cristo che offre sé stesso e sono, in un certo senso, ancor più profondamente inseriti nella comunione con Lui. Quest’uso non solo è approvato dalla Chiesa, ma da essa è anche promosso». Il problema, quindi, non è la donazione in sé ma «talune prassi che, abusivamente, si sono verificate».

Messe commemorative – Spesso poi l’elenco dei nomi di parenti scomparsi, per i quali si celebra la messa commemorativa, è talmente lungo da occupare diversi minuti della celebrazione, quando invece «è stato più volte espresso il divieto di applicare una sola messa per più intenzioni, per le quali sono state accettate rispettivamente più offerte». Con l’applicazione del nuovo decreto questo si potrà fare solo se «tutti gli offerenti ne siano stati informati e liberamente abbiano acconsentito», tenendo conto inoltre che la volontà degli offerenti «non può mai essere presunta, anzi, in assenza di un consenso esplicito, si presume sempre che non sia stata data». Anche in questo caso, i soldi in più messi nella cassetta delle offerte non andranno al sacerdote in questione ma ai missionari. Regole più chiare insomma, volte garantire la trasparenza e il rispetto della volontà dei fedeli. Verifiche e aggiornamenti sulla corretta applicazione di questo decreto seguiranno nel 2035: «il Dicastero per il Clero annuncia che, trascorsi dieci anni dall’entrata in vigore di queste norme, promuoverà uno studio della prassi nonché della normativa vigente in materia, in vista di una verifica della sua applicazione e di un eventuale aggiornamento».