Pietro Sacco è fermo da un mese e mezzo. Maggio solitamente è il mese più caldo per il mondo delle produzioni cinematografiche, ma da inizio anno di chiamata ne è arrivata solo una, per un lungometraggio. Ventinove anni, di cui gli ultimi 5 passati a Roma inseguendo il sogno di lavorare come operatore di macchina. «Sono arrivato in post pandemia, in un momento di boom di lavoro incredibile per il settore – racconta – siccome c’erano tanti incentivi da parte del ministero della Cultura e tantissime richieste di prodotti da parte delle piattaforme di streaming sono riuscito a entrare in maniera stabile e affermata nelle produzioni». Oggi la realtà è ben diversa. Sacco, così come la maggior parte dei suoi colleghi, hanno visto un calo importante nella mole di lavoro.

Il caso Germano e Cucciari – Il problema nel mondo delle produzioni cinematografiche è strutturale, ed è così da anni. Negli ultimi giorni, grazie ad una reazione a catena innescata dalle critiche dell’attore Elio Germano verso il ministro della Cultura Alessandro Giuli, il tema è tornato sul tavolo della discussione. In seguito alla cerimonia del David di Donatello del 7 maggio, Germano aveva infatti rilasciato ai giornalisti dichiarazioni in aperta polemica con i comportamenti del ministro. «Il cinema è davvero in crisi e noi crediamo per grossa responsabilità del ministero della Cultura», aveva commentato. Rivolgendosi poi al governo aveva aggiunto: «Mi piacerebbe che invece di piazzare i loro uomini nei posti chiave come fanno i clan si preoccupassero di fare il bene della nostra comunità mettendo le persone competenti nei posti giusti e incontrando i rappresentanti di categoria per risolvere insieme i problemi». Ma a non essere apprezzato da Giuli è stato anche l’intervento della comica Geppi Cucciari durante la cerimonia di presentazione dei David: «Ministro voglio portarle la mia solidarietà, perché molti sottolineano eccessivamente la sua potente retorica, il suo eloquio forbito, la parola che squadra da ogni lato l’animo nostro informe. In realtà sono sempre interventi cristallini, lei è l’unico ministro i cui interventi possono essere addirittura ascoltati al contrario come un disco dei Black Sabbath e a volte migliorano». Da qui la risposta piccata del ministro: «La sinistra pensava che la cultura fosse roba loro. Avevano intellettuali e li hanno persi, si sono poi affidati agli influencer, ora gli sono rimasti i comici e basta».

La richiesta di dialogo – In seguito a questi scambi, oltre 100 figure del cinema italiano hanno sottoscritto una lettera aperta al ministro della Cultura, chiedendo di aprire un dialogo per affrontare la crisi del settore ed esprimendo il loro sostegno nei confronti di Germano e Cucciari. La scusa con cui il governo ha deciso di tagliare i fondi al mondo del cinema è stato il periodo di sovraproduzione degli ultimi anni dovuto a un aumento dei finanziamenti legati alle misure tax credit: saliti fino a coprire il 60% della spesa complessiva per produrre un film (rispetto al precedente 40%). «Il risultato è stata una sovraproduzione di film, che spesso non uscivano nemmeno nelle sale – commenta Sacco – addirittura qualche produttore aveva iniziato a proporre film facendo in modo da gonfiare le spese per intascarsi i soldi». Risultato: tanti film, mal distribuiti e spesso anche di scarsa qualità. Ma se questa cosa rappresenta un problema, resta da chiedersi se la risposta del governo sia stata quella giusta. «Le problematiche che dobbiamo affrontare noi del settore sono tantissime – aggiunge Sacco – lavoriamo a progetto, dunque se non lavoriamo tanto durante l’anno, rischiamo di non raggiungere il numero sufficiente di giornate contributive. Per non parlare del fatto che il nostro contratto nazionale risale al 1999, quando ancora si lavorava con la pellicola, per cui alcune figure che oggi sono sul set non esistono nel nostro contratto. Quello che manca è la collaborazione e l’ascolto verso le persone che lavorano nel settore da parte della politica».