«La mia non è una canzone pensata per l’Eurovision o per Sanremo. Se costruisci i brani in base a un contenitore, scappano, si ribellano. Se vuoi dare loro una forma, poi cambiano». Nel mondo di Lucio Corsi, la musica ha una sua anima. Non si può incasellare, trova da sola il proprio pubblico. È con questo spirito che, sabato 17 maggio (dalle 21.00 su Rai 1), il cantautore toscano parteciperà alla Grand Final del 69esimo Eurovision Song Contest. Martedì 13 si è già esibito fuori gara, presentando all’Europa la sua “Volevo essere un duro”. Adesso, cerca l’ottavo piazzamento consecutivo in top 10 per l’Italia. Per i bookmaker è dodicesimo.

Lucio Corsi si esibisce fuori gara durante la prima semifinale dell’Eurovision Song Contest. (Photo credit: EBU/Alma Bengtsson)
La musica come emozione – «Sono felice dell’esibizione della semifinale, ma non mi interessa la classifica. Amo lo sport e la competizione, ma per me con la musica non si può gareggiare, non ha senso», ha dichiarato in un incontro con la stampa a Basilea. Quel che conta è altro. Ad esempio il messaggio del brano, accessibile a chiunque con i sottotitoli in tv. «Abbiamo tradotto il testo in un inglese semplice e immediato, in modo che tutti potessero capirlo». L’obiettivo non è “adattarsi” a Eurovision. Niente fuoco, fiamme e coreografie complicate. «Non voglio far finta di essere qualcun altro sul palco. Se la mia esibizione non mi rappresentasse, non mi sentirei me stesso». E infatti, lo staging rispecchia l’amore per gli strumenti, condiviso dal co-autore Tommaso Ottomano: «La scenografia è quella che porto nei miei concerti, con questi super amplificatori alle nostre spalle, ispirati da un tour di Neil Young. Tutto ciò che compare sul palco, dal pianoforte alle chitarre, è importante sia per me che per Tommaso».
L’assolo di armonica – Se si potesse, Corsi suonerebbe dal vivo in arena, ma è vietato dal regolamento e gli strumenti sono in playback. «Sono sul palco solo per farci compagnia, rimangono spenti». Resta l’assolo di armonica. Quello sì, live. «Ma non voglio che sia una polemica. Sono cosciente delle regole dell’Eurovision, ma ho pensato che la voce non è in playback e il suono dell’armonica entra nel microfono con cui canto. È un elemento di diversità rispetto a Sanremo», ha spiegato. C’è da pensare all’esibizione al palazzetto, ma anche alla resa televisiva: «È interessante avere carta bianca, sia per quanto riguarda le luci che le inquadrature. Per fortuna ho accanto a me Tommaso che, oltre a essere un fratello, è un grande regista e ha un occhio che ammiro molto. Si è occupato lui della messa in scena. Per sabato vorrei solo modificare la saturazione e far risaltare di più i colori».

Lo staging con i due amplificatori retro e il lungo pianoforte (Photo Credit: EBU/Corinne Cumming)
Toy Story e i giovani – Tutto pronto, insomma. Anche i dettagli. Come il nome “Andy” sotto lo stivale, visto già a Sanremo. Un omaggio a Toy Story, un po’ per rimanere in linea con la propria narrazione, un po’ perché, c’è un filo che collega “Voleva essere un duro” al celebre cartone animato Pixar. «In entrambi c’è l’infanzia. Il film parla di adolescenza e amicizia, nel brano ci sono la mia storia e quella di Tommaso da ragazzi. Per me, la canzone riguarda anche l’amicizia perché l’ho scritta insieme a lui», ha precisato ancora Corsi. Alcuni ragazzi messicani, sui social, l’hanno ringraziato per averla scritta. «Sono contento se è successo – ha ammesso –. Ma penso che siano i giovani a dover dare consigli a chi è più in là con l’età, sono loro che vivono davvero nel presente». Il cantautore ha parlato anche dei brani in gara degli altri Paesi: «Mi piace la canzone del gruppo portoghese NAPA. Spero di poter suonare insieme a loro perché sono bravi». Ma più di tutto, dell’Eurovision, Corsi apprezza la diversità: «Il bello di questo palco è che ognuno porta la propria idea di musica e di intendere le canzoni». E non cambiano solo i generi musicali e le produzioni. Quella del 2025 è l’edizione della manifestazione con più lingue, venti. «Io, però, sono affezionato all’italiano perché è un rebus, puoi dire la stessa cosa in mille modi diversi. Ed è bellissimo per scrivere canzoni».