«L’accordo con la Cina è stato concluso». È l’annuncio del presidente statunitense Donald Trump, dopo l’intesa di massima in campo commerciale raggiunta tra i due Paesi nella notte tra martedì 10 e mercoledì 11. «La Cina fornirà tutti i magneti e le terre rare necessarie – ha scritto Trump sul suo social network Truth – Al contempo, noi garantiremo alla Cina ciò che è stato concordato, compreso l’ok agli studenti cinesi che frequentano i nostri college e università». «La Cina pagherà il 55% di dazi doganali, noi il 10% – ha proseguito Trump – Insomma, le relazioni sono ottime!». La firma sull’accordo, però, ancora non c’è e i toni trionfalistici del presidente Usa si scontrano con lo scetticismo degli analisti.
L’accordo di Londra – Sono servite 48 ore di negoziato a Cina e Usa, alla Lancaster House di Londra, per arrivare ad un accordo di massima. Il viceministro del Commercio cinese Li Chenggang lo ha definito come «un quadro di riferimento per l’attuazione di quanto concordato dai due capi di Stato (Trump e Xi Jinping, ndr) durante la telefonata del 5 giugno e del consenso raggiunto durante l’incontro di Ginevra». I due Paesi dovrebbero infatti ripristinare la tregua raggiunta a maggio in Svizzera, ampliando i termini dell’accordo. Al centro, le aliquote dei dazi e il commercio di terre rare e chip.
Ancora incertezza – I dettagli sono ancora vaghi e i passi in avanti, per molti osservatori, restano «piccoli». Trump ha parlato di dazi sulle merci cinesi al 55%, mentre l’accordo raggiunto prevede che le tariffe restino ai livelli stabiliti a Ginevra: il 30% per il made in China e il 10% sull’import cinese di prodotti Usa. La Casa Bianca ha subito tentato di fare chiarezza: la cifra scritta da Trump va letta come una somma delle tariffe fissate negli ultimi mesi (al 10% quelle universali e al 20% quelle sul traffico di Fentanyl) e dei dazi al 25% che erano in vigore già in precedenza. Resta però lo scetticismo dei mercati. Le Borse europee hanno infatti chiuso in lieve flessione, con Milano che ha perso lo 0,07%, mentre Wall Street ha avuto un rialzo sotto lo 0,5%. Sulla sostenibilità per la Cina di dazi al 55%, l’economista Giorgio Barba Navaretti ha spiegato a Repubblica che «se rimangono così sono proibitivi, ma non sappiamo quali prodotti riguardano, probabilmente non tutti». E sulla strategia di Trump «continua ad emergere una grande confusione e una grande incertezza», le parole di Barba Navaretti.
Terre rare e chip – La Cina avrebbe poi preso l’impegno di allentare i controlli alle esportazioni di magneti e terre rare, materiali necessari alle imprese americane. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, però, Pechino intende al momento garantire l’export di terre rare ai produttori Usa soltanto per sei mesi. Questo per non ritrovarsi senza margini di manovra in futuro, soprattutto nel caso le tensioni commerciali dovessero riprendere. Ricordiamo che Pechino produce circa il 60% della fornitura globale di minerali critici e ne lavora quasi il 90%. Washington, in cambio, si è detto disponibile a sbloccare i visti per gli studenti cinesi nelle università americane e di rimuovere alcune restrizioni all’export, in particolare sui chip per l’elettronica avanzata.