Il confronto tra UniCredit e il governo è ancora in corso, ma la probabilità che la banca milanese di piazza Gae Aulenti prosegua con l’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm sembra sfumare. «Ci possiamo anche ritirare. La probabilità di continuare con l’Ops oggi è al 20%, anche inferiore», ha dichiarato l’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel di fronte ad analisti e investitori riuniti da Goldman Sachs, a Berlino. Intato nella mattina di oggi, giovedì 12 giugno,è arrivata la pronuncia del Tar del Lazio che ha respinto il ricorso di Banco Bpm sulla delibera della Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa), l’organo di controllo del mercato finanziario italiano. Il 21 maggio Consob aveva stabilito un congelamento di 30 giorni per l’Ops su Piazza Meda, per dare a Unicredit più tempo di presentare l’offerta. Sul fronte Mediobanca, invece, cresce l’attesa per l’assemblea di lunedì 16 maggio che dovrà esprimersi sull’Ops su Banca Generali. Smentito nel frattempo che Piazzetta Cuccia abbia depositato alla Procura di Milano un esposto, ipotizzando un concerto tra il gruppo Delfin (holding della famiglia Del Vecchio) e Caltagirone. Entrambi sono soci sia di Mediobanca sia di Monte dei Paschi, che ha sua volta ha lanciato un’Ops proprio su Mediobanca.
Il possibile ritiro – «Prendiamo atto della decisione del Tar, anche se per noi non cambia il contesto – hanno affermato in una dichiarazione congiunta il presidente di Banco Bpm Massimo Tononi e l’amministratore delegato Giuseppe Castagna –. Siamo ormai abituati da 7 mesi a non avere chiarezza sui tempi e sulle reali intenzioni dell’offerente su questa operazione». L’offerta di Unicredit su Banco Bpm era prevista per il 23 giugno, giorno in cui Bpm stessa sperava di concludere il capitolo con un netto rifiuto. L’authority di Borsa aveva motivato, però, la decisione di sospendere la trattativa con il fatto che «la situazione di incertezza creatasi in relazione agli eventuali esiti» del confronto in corso tra Unicredit e il governo sulle prescrizioni del Golden Power (il diritto dell’esecutivo di intervenire in operazioni societarie rilevanti, al fine di difendere gli interessi nazionali) non consentiva «ai destinatari» dell’offerta «di pervenire a un fondato giudizio». Ed è proprio sui paletti che il governo ha imposto a Unicredit che Orcel si è espresso. «Crediamo di essere d’accordo sul contenuto, ma stiamo cercando di avere un dialogo per chiarire e avere ancora il tempo di presentare l’offerta – ha dichiarato –. Se la definizione dei contorni del Golden Power non è chiara e non è corretta, allora la probabilità che corriamo questo rischio è zero, quindi ci ritireremo».
Gli ostacoli – Se sul fronte europeo (Unicredit ha lanciato un’Ops anche sulla tedesca Commerzbank) l’ostacolo alla scalata è lo stesso cancelliere Friedrich Merz che ha definito l’approccio di Unicredit «inaccettabile e ostile», su quello interno i vincoli sono imposti da Roma. L’esecutivo chiede il mantenimento per almeno cinque anni degli investimenti in titoli di Stato italiano di Anima Holding (che detiene Bpm) e la salvaguardia, in Italia, del rapporto impieghi/depositi di entrambe le banche. Poi c’è il capitolo Russia, ed è soprattutto su questo che si consuma lo scontro: «Mi devono spiegare esattamente che cosa vogliono sulla Russia, perché non è chiaro cosa intendono con la nostra uscita entro nove mesi. E poiché il rischio è una sanzione fino a 20 miliardi, secondo le percentuali evidenziate nel dpcm, è necessario fare chiarezza».
Mediobanca – Intanto, secondo voci di mercato riportate dal Sole24Ore, Unicredit potrebbe aver preso posizione anche sulla partita di Mediobanca. Se però avesse prestato le azioni (e quindi non comparire ufficialmente tra l’azionariato) potrebbe non comparire all’assemblea di lunedì 16 giugno. Le presenze saranno record: si stima che l’82 per cento del capitale sarà presente e deciderà se restituire al cda la gestione dell’Ops su Banca Generali. Attualmente, infatti, Mediobanca è sotto passivity rule (una regola che mira a salvaguardare la contendibilità delle società quotate impedendo che gli amministratori attuino “iniziative difensive” per scongiurare offerte e scalate esterne) nel quadro dell’offerta che Monte dei Paschi ha avanzato su Piazzetta Cuccia. Il piano prospettato dal ceo di Mediobanca Alberto Nagel di creare un grande gruppo del risparmio con 220 miliardi di masse gestita è stato accolto positivamente dal gruppo Mediolanum della famiglia Doris (che ha una partecipazione complessiva del 4,5% e dal fondo Norges Bank (1,45% a fine 2024). Probabile anche l’appoggio di un ulteriore 8% in portafoglio ai Merloni, ai Chiarva, alla famiglia Arena e a Unipol (2%). Si attende ancora che si esprima Edizione (2,2%) della famiglia Benetton. Contrari all’operazione, invece, Caltagirone e forse anche il gruppo di enti romani (casse previdenziali e fondazioni) di cui fa parte l’Enpam (Ente nazionale di previdenza e assistenza medici) che ha raddoppiato la sua quota all’1,98%. Decisiva, però, sarà la posizione di Delfin, che con il 19,6% è il primo azionista di Mediobanca.