Nel cuore della politica locale scoppia una bufera giudiziaria che solleva domande pesanti sull’indipendenza degli amministratori pubblici. Al centro dello scandalo c’è Ilaria Bugetti, sindaca Pd di Prato, indagata dalla procura di Firenze con accuse gravi: secondo gli inquirenti sarebbe stata «un pubblico ufficiale compromesso e ricattabile», vicina all’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, ex amministratore del gruppo Colle, già coinvolto in inchieste su affari e massoneria. Giovedì, davanti al giudice Alessandro Moneti, la sindaca dovrà difendersi dall’accusa di corruzione aggravata. I magistrati chiedono per lei i domiciliari, sostenendo che, se lasciata in carica, potrebbe inquinare le prove e reiterare il presunto comportamento illecito.

L’accusa – Secondo i pubblici ministeri Antonino Nastasi, Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli, Bugetti avrebbe ottenuto sostegno economico ed elettorale in cambio di interventi istituzionali favorevoli agli interessi di Matteini Bresci, con cui intratteneva un rapporto definito dagli inquirenti «patologico». Gli episodi contestati partono dal suo incarico nel consiglio regionale toscano dove, a detta dell’accusa, avrebbe spinto per modificare decreti sull’uso delle acque a vantaggio di società riconducibili all’imprenditore fino all’attività da sindaca, durante la quale si sarebbe attivata per facilitare operazioni sulla depurazione delle acque a beneficio del gruppo Colle. In cambio, Bugetti avrebbe ricevuto un contratto di lavoro fittizio del valore di 48.000 euro, mai comunicato alla Regione, e finanziamenti elettorali per circa 27.000 euro. Non solo: intercettazioni emerse dall’analisi di uno smartphone sequestrato a Matteini parlano anche di 4.000 voti pilotati nel 2020 grazie alla rete massonica di cui l’imprenditore era Gran Maestro.

La difesa – Nonostante il ciclone mediatico e giudiziario, la sindaca non arretra. «Ho piena fiducia nella magistratura – ha dichiarato – e sono certa di poter chiarire ogni aspetto. Proseguo nel mio ruolo con dedizione». I suoi legali stanno lavorando a un dossier difensivo che punta a demolire l’impianto accusatorio pezzo per pezzo. Il fatto stesso che il gip (giudice per le indagini preliminari) abbia deciso di ascoltarla prima di esprimersi sulla misura cautelare viene letto come un primo, parziale, segnale positivo. Molte delle accuse si reggono su messaggi, intercettazioni e relazioni digitali emerse dai telefoni degli indagati. Dopo il sequestro dell’iPhone di Matteini, ora sotto analisi c’è anche il cellulare della sindaca. Le conversazioni tra i due, ritenute interrotte solo durante il periodo di arresti domiciliari dell’imprenditore, sarebbero riprese tramite un intermediario subito dopo la sua scarcerazione.