Da aggressore a mediatore. Mentre continua la guerra in Ucraina, Putin potrebbe anche essere chiamato a negoziare la risoluzione di un altro conflitto. Lo ha dichiarato Donald Trump alla televisione Abc. Il presidente russo avrebbe chiamato il Tycoon per parlare del conflitto tra Israele e Iran, iniziato con l’attacco di Tel Aviv lo scorso 13 giugno, e ne sarebbe nato un lungo confronto. «Iran e Israele dovrebbero raggiungere un accordo – ha riferito il presidente americano – e lo faranno proprio come hanno fatto India e Pakistan. Al momento gli Usa non sono coinvolti». Anche se, ha poi spiegato, era stato informato del piano d’azione di Netanyahu.

Vertici – Lo scoppio di una nuova guerra in Medio Oriente ha anche ridisegnato i programmi del G7 di Kananaskis, in Canada, il cui obiettivo principale è diventato quello di evitare l’escalation. Ieri, 15 giugno, si è svolto un colloquio informale tra i presidenti di Italia, Germania, Regno Unito, Francia, in modo da trovare una posizione comune europea prima di interloquire con il presidente americano. I leader europei si sono schierati ancora una volta dalla parte dello stato ebraico, ma vogliono evitare a tutti i costi un inasprimento dei conflitti e non hanno nessuna intenzione di mettere Putin nel ruolo di mediatore. Secondo Politico, il rischio è di trasformare il G7 in un G6 vs Trump, che sarà chiamato a scoprire le carte davanti ai partner europei, mentre Giorgia Meloni, la leader più vicina al presidente americano, potrebbe avere un ruolo cruciale nello sviluppo di una linea condivisa.

Cause – La minaccia della bomba nucleare iraniana è però qualcosa forse più vicina alla propaganda israeliana che alla realtà: Benjamin Netanyahu ha dichiarato un imminente pericolo nucleare dell’Iran per la prima volta nel 1992. Il gruppo di divulgatori Nova Lectio ha contato quante volte, nel corso degli ultimi 33 anni, sia stata ripetuto l’allarme: sono 17. Nel 2015 l’Iran aveva firmato il Piano d’azione congiunto globale (Pacg), accettando di eliminare le riserve di uranio a medio arricchimento e di tagliare del 98% le riserve a basso arricchimento, cioè mantenere solo l’uranio necessario agli scopi civili. Durante la prima amministrazione Trump gli accordi sono saltati per l’uscita degli Stati Uniti su pressione di Israele. Con Biden e con Trump II si è provato a negoziare nuovamente con l’Iran, ma gli attacchi dello Stato ebraico hanno cancellato qualsiasi possibilità di accordo. E oggi la bomba potrebbe essere non così lontana nonostante l’uccisione di scienziati ed esperti iraniani. Invece Israele possiede circa 200 ordigni nucleari e non ha mai ammesso o negato di averli. Per evitare qualsiasi controllo non ha mai firmato il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Ciò che lo stato ebraico non fa mistero di voler impedire è la costruzione della bomba da parte degli altri attori del Medio Oriente, come afferma la dottrina di Menachem Begin, primo ministro dal 1977 al 1983 che ha sempre perseguito il monopolio nucleare israeliano nella regione.

EscalationIsraele vorrebbe coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra contro l’Iran perché solo gli Usa hanno i missili capaci di penetrare i bunker nel sottosuolo (Bunker buster), quelle fortificazioni in cui il regime dell’Ayatollah lavora con l’uranio arricchito. Dal canto suo, l’Iran potrebbe contare sull’appoggio dello storico alleato Pakistan, ma anche di Russia e Cina. Il coinvolgimento diretto delle grandi potenze significherebbe Terza guerra mondiale, il compito del G7 dovrebbe essere quello di prevenire tale scenario. Indipendentemente da chi si porrà come mediatore e da Putin che si propone di far finire le guerre degli altri, non le proprie. A proposito, al G7 è previsto un incontro tra Trump e il presidente ucraino Zelensky, proprio per discutere della guerra in Ucraina.