Un anno dopo le strade di Nairobi bruciano ancora. È di otto morti e almeno quattrocento feriti il bilancio degli scontri tra manifestanti e polizia di mercoledì 25 giugno in Kenya. A muovere i protestanti nella capitale e in altre città del paese è il malcontento per l’operato del governo di William Ruto, presidente dal 2022.
Il precedente – Un anno fa sono scoppiati i primi disordini, guidati dai giovani della generazione Z: il 24 giugno 2024 un gruppo di manifestanti ha fatto irruzione nel Parlamento, incendiandone una parte, per chiedere il ritiro della legge finanziaria voluta da Ruto. Il testo prevedeva l’aumento di alcune tasse su beni e servizi di uso quotidiano, con l’obiettivo di recuperare 2,7 miliardi di dollari utili a diminuire il debito pubblico. Il presidente ha poi fatto un passo indietro, ma non è bastato a fermare l’ondata di rabbia verso la sua amministrazione. Le proteste sono continuate fino alla fine del mese di luglio: secondo alcune ong per i diritti umani, più di 60 persone sono rimaste uccise e 80 sequestrate. Tra loro c’erano attivisti, operatori sanitari, giornalisti e influencer, interrogati e torturati dalle forze di polizia.
La repressione – «Ruto deve andarsene», urlavano nelle piazze nel 2024. E continuano a farlo anche adesso, spesso mostrando cartelli e fotografie con ritratte le persone che hanno perso la vita nell’ondata di repressione di un anno fa. È anche per non essersi assunto la responsabilità di quanto accaduto durante quelle manifestazioni che Ruto viene criticato dalla popolazione. Ma c’è anche altro: il costo della vita e le tasse sono comunque aumentate per i keniani, mentre il presidente e i suoi alleati sono accusati di vivere nel lusso. E a crescere è anche la repressione, soprattutto verso i più giovani, dello Stato: la polizia mercoledì ha cercato di fermare i manifestanti con proiettili veri e di gomma, ma anche usando gas lacrimogeno e idranti. Le banche e le attività commerciali a Nairobi sono rimaste chiuse, così come le strade principali della città. Per evitare di replicare quanto accaduto lo scorso anno, le vie che portano al parlamento sono state bloccate dalle forze di sicurezza con filo spinato. L’Autorità keniana per le telecomunicazioni ha poi proibito di trasmettere gli eventi in diretta, sia in televisione che online.
Le proteste contro la polizia – Gli scontri sono però iniziati già qualche giorno fa: il 17 giugno nove persone sono rimaste ferite a Nairobi negli scontri tra forze di sicurezza e manifestanti schierati contro la violenza della polizia. Un poliziotto in tenuta antisommossa ha colpito alla testa Boniface Mwangi Kariuki, un venditore ambulante di mascherine ricoverato in condizioni critiche. I protestanti chiedevano giustizia per Albert Ojwang, un insegnante e blogger di 31 anni morto l’8 giugno mentre era in custodia della polizia. Ojwang è stato prelevato dagli agenti a Homa Bay e trasferito a Nairobi (400 km di distanza, sette ore di auto) con l’accusa di aver criticato su X il vicecapo della polizia Eliud Lagat. Secondo una prima dichiarazione delle autorità, l’uomo sarebbe morto per delle ferite autoinflitte. L’autopsia ha poi però rivelato che il corpo presenta i segni di un forte pestaggio. Sono state arrestate sei persone per l’omicidio e Lagat si è dimesso temporaneamente in attesa della fine delle indagini.