«È stato un summit produttivo, questo accordo è una vittoria monumentale». Donald Trump festeggia il risultato del vertice Nato del 24 e 25 giugno all’Aja. I 32 Paesi membri dell’Alleanza atlantica hanno accolto la sua richiesta di aumentare la spesa per la difesa: entro il 2035 dovrà essere portata dal 2% al 5%. Il 3,5% dei fondi dovrà essere impegnato per le spese militari tradizionali (armamenti, truppe ed equipaggiamenti) e l’1,5% per le attività che riguardano l’impegno civile. Nel 2029 la prima verifica degli obiettivi.

I leader dei Paesi dell'Alleanza atlantica

I leader dei Paesi dell’Alleanza atlantica

La Nato più forte ed equa – Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha definito il vertice un «salto quantico» per la difesa collettiva, sottolineando che «sono state poste le basi per un’alleanza più forte, più equa e più letale». Non è mancato l’elogio al presidente statunitense, che prima ha definito «daddy» (paparino) e con cui si è poi congratulato con un messaggio privato. Lodi che Trump ha subito condiviso sul suo social Truth: «L’Europa pagherà il suo contributo in modo confidente, come è giusto che sia, e sarà una tua vittoria. Otterrai qualcosa che nessun altro presidente americano è riuscito a fare in decenni», sono stati i complimenti del numero uno dell’Organizzazione Atlantica. E, in effetti, l’aumento delle risorse per la difesa era già stata una delle battaglie di Obama e poi di Biden. Nessuno dei due, però, l’aveva portata a termine.

La posizione italiana – La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito l’accordo sul 5% «necessario e sostenibile», evidenziando l’importanza di rafforzare la difesa collettiva senza però sacrificare le priorità del Paese. «Non toglieremo un euro alle priorità dei cittadini italiani», ha garantito. Ha inoltre riferito di aver esortato Trump e tutti gli altri leader a usare «la stessa determinazione» della guerra tra Israele e Iran anche per «altri due cessate il fuoco, Ucraina e Gaza». Al termine di un incontro ristretto con Mark Rutte, Volodymyr Zelensky e Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, ha poi ribadito il «pieno sostegno» a Kiev.

Il sostegno all’Ucraina – Mentre l’Europa si è assunta più responsabilità sulla sicurezza condivisa, il timore è che gli Usa si possano defilare dall’impegno militare nel vecchio continente. «Siamo con gli europei fino in fondo», ha assicurato Trump. Presa di posizione garantita anche da Rutte. Ma la preoccupazione dell’Unione europea resta la confinante Russia. Motivo per cui, con Zelensky che si è dovuto accontentare di partecipare al pre-vertice e non alla plenaria, è stato imposto alla Casa Bianca di far riferimento all’Ucraina nel testo siglato. «Gli alleati riaffermano il loro impegno sovrano e duraturo a sostenere l’Ucraina, la cui sicurezza contribuisce alla nostra», si legge nel documento ufficiale della Nato. Nessuna esplicita condanna a Mosca. Anche se, ha precisato il premier britannico Keir Starmer, non significa che la posizione «sia cambiata».

L’eccezione spagnola – L’unica nazione a chiedere un’eccezione nella sottoscrizione del patto è stata la Spagna, che conta di raggiungere gli obiettivi Nato mantenendo la sua spesa al 2,1%. Anche Belgio e Slovacchia hanno provato ad accodarsi a questa scelta, salvo poi fare dietrofront. L’unanimità, comunque, c’è e la firma è arrivata, ma gli iberici si sono presi una deroga informale. Decisione aspramente criticata da Donald Trump, che all’Aja non ha salutato né scambiato alcun al cenno con il premier Pedro Sànchez. «La Spagna è terribile – ha tuonato il tycoon –. È l’unica che si rifiuta che di portare la spesa militare oltre il 2% del Pil». La minaccia sono i doppi dazi e Washington accusa Madrid di voler «essere protetta senza pagare». Rutte, invece, ha smentito il presunto trattamento di favore. Anche Meloni ha commentato la posizione spagnola affermando: «Ha firmato lo stesso documento che abbiamo firmato noi».