In Europa a causa della disparità salariale è come se le donne lavorassero gratis per 45 giorni all’anno. Come se da oggi, 17 novembre, per questo ribattezzato Equal Pay day, la popolazione femminile lavorasse senza stipendio fino al 31 dicembre. Secondo la Commissione europea, le donne europee guadagnano in media il 12% in meno degli uomini. Tra i 27 paesi membri, l’Italia è fanalino di coda per la parità salariale: qui la forbice si allarga al 16%, che equivale a 56 giorni di lavoro non retribuito.

In Italia, tra pubblico e privato – Secondo una rilevazione Istat del 2025 tra i lavoratori dipendenti la retribuzione oraria femminile è inferiore del 5,6% rispetto a quella maschile. Gli uomini percepiscono in media 16,80 euro l’ora, le donne 15,90 euro. Il divario cresce tra i laureati: a parità di titolo gli uomini guadagnano in media 24,30 euro lordi l’ora rispetto ai 20,30 delle donne, con un divario del 16%. Un impiegato laureato guadagna in media 4.800 euro lordi in più all’anno rispetto a una collega con lo stesso livello di istruzione.
Il settore pubblico è più equo, il divario si ferma al 5,2%. Le laureate nel pubblico arrivano a 23 euro lordi l’ora, quasi 7 euro in più rispetto alle colleghe del privato. La differenza è legata anche alla maggiore presenza femminile nel pubblico impiego (55,6%) e alla maggiore tutela contrattuale. Nel privato, invece, pesano i part-time involontari e le minori possibilità di carriera: tra i dirigenti, il gap sale fino al 30,8%, con le donne a 34,50 euro lordi l’ora contro i 49,80 euro degli uomini. La differenza si avverte anche negli scatti di anzianità: a parità di titolo, il guadagno medio degli uomini sale del 65,5% dai 30 ai 50 anni. Per le donne invece l’aumento si assesta al 38,6%.

Si muove Bruxelles – L’Italia ha ancora sei mesi per recepire la direttiva Ue sulla «Pay Transparency», che impone alle aziende di rendere pubbliche le retribuzioni suddivise per genere. Le nuove norme sulla trasparenza retributiva sono state adottate dal Consiglio europeo il 24 aprile 2023. In base alla direttiva, le imprese saranno tenute a fornire informazioni sulle retribuzioni e a intervenire se il divario retributivo di genere supera il 5%. La direttiva contiene inoltre disposizioni in materia di risarcimento per le vittime di discriminazione retributiva e sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le norme.