Aggiungere il proprio nome a una “lista di scioperanti” e comunicare con almeno una settimana di anticipo la propria adesione a uno sciopero, senza possibilità di ripensamento. Era questi i punti principali dell’emendamento alla legge di Bilancio proposto da Fratelli d’Italia venerdì 14 novembre, poi ritirato domenica mattina: neanche il tempo di essere esaminato dalla commissione Bilancio del Senato, che è arrivato il dietrofront. Matteo Gelmetti, primo firmatario dell’emendamento, ha chiarito però che il passo indietro è solo momentaneo. Il senatore veronese ha infatti annunciato l’intenzione di «presentare sull’argomento un disegno di legge più articolato, per il quale sarà possibile un confronto che ora mancherebbe». Con questo provvedimento, le intenzioni dichiarate di FdI erano di modificare le regole per l’astensione del lavoro nel settore del trasporto pubblico. Obiettivo che resta invariato: «Oggi il solo annuncio di uno sciopero – ha spiegato Gelmetti – anche da parte di una sigla sindacale minore, comporta che le aziende di trasporto siano costrette a ridurre del 50 per cento il servizio, indipendentemente dal reale livello di adesione». Cambierà quindi lo strumento scelto per contrastare quello che il senatore definisce un fenomeno di «dumping degli scioperi», ma non il principio ispiratore.

La contestazione – L’emendamento ha suscitato critiche immediate da parte dei sindacati. In una nota congiunta, Filt Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti ne hanno denunciato l’incostituzionalità, sostenendo che una misura simile «apre la strada a discutibili pressioni e potenziali discriminazioni, inasprendo le relazioni industriali» e rappresenta una «compressione del diritto allo sciopero». Duro anche l’affondo delle opposizioni: le deputate M5s Elisa Pirro e Mariolina Castellone hanno parlato di «una vera e propria follia», mentre Annamaria Furlan di Italia Viva (ex leader della Cisl) ha definito il testo «una lesione del diritto costituzionale di sciopero». Per il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, la proposta confermerebbe che la maggioranza «è ossessionata da chi protesta e dissente».

I dati Istat sull’inflazione – Saranno 414 in totale gli emendamenti che potranno essere segnalati dai gruppi sulla Manovra in commissione Bilancio del Senato, con la giornata di domani, 18 novembre, come termine ultimo per presentare le modifiche e ottenere il via libera del Senato in prima lettura il 15 dicembre. Mentre governo e maggioranza discutono la legge più importante per la definizione degli obiettivi di politica economica e finanziaria, l’Istat pubblica i dati sull’inflazione. Nel mese scorso, l’indice nazionale dei prezzi al consumo (Nic) ha registrato un calo dello 0,3% su base mensile e un aumento dell’1,2% su base annua (da +1,6% del mese precedente). Una frenata dell’inflazione che potrebbe alleggerire la pressione salariale e favorire la Manovra. La decelerazione dell’inflazione, spiega Istat, è dovuta soprattutto al rallentamento dei prezzi degli energetici regolamentati e degli alimentari non lavorati, e in misura minore dei servizi di trasporto e degli alimentari lavorati. Ma il confronto europeo evidenzia le difficoltà italiane: nel 2024 lo stipendio medio annuo dei dipendenti a tempo pieno nell’Ue è salito a 39.800 euro lordi (+5,2% rispetto ai 37.800 del 2023), mentre in Italia la crescita si è fermata al 2,6%, da 32.650 a 33.523 euro.