È stato un arresto cardiocircolatorio a mettere fine dopo una settimana di agonia alla battaglia di Giovanni Guarascio, il muratore che il 14 maggio scorso si era versato una tanica di benzina addosso per protestare contro il pignoramento della casa. Quel corpo, ricoperto dalle fiamme, era intubato da una settimana all’ospedale Cannizzaro di Catania, con ustioni di secondo e terzo grado. Martedì 21 maggio, alle 6 e 30, il decesso.

Nello stesso ospedale è ricoverata la moglie di Guarascio, Giorgia Famà, anche lei 64 anni e un corpo ricoperto al 20 per cento da ustioni. Stravolto il viso, il collo e il torace, meno gravi mani e avambraccia, stando all’ultimo bollettino medico. Rimangono stazionarie, ma ancora più gravi, le condizioni di Antonio Terranova, uno dei due poliziotti intervenuti per fermare Guarascio. L’agente ha riportato ustioni sul 30 per cento del corpo e dalla settimana prossima, insieme alla signora Famà, sarà sottoposto a interventi ricostruttivi attraverso autoinnesti della cute.

Guarascio, disoccupato di Vittoria, nel Ragusano, aveva accumulato dal 2001 un debito di 10mila euro con la banca, proprio per finire i lavori a quella casa che la banca aveva poi deciso di pignorare visto l’impossibilità di estinguere il mutuo. L’abitazione era stata acquistata per 26mila euro da un privato di Scoglitti, a cui Guarascio aveva chiesto di poter rimanere nella casa, in affitto. L’accordo non era stato raggiunto e così, martedì scorso, alla porta di Guarascio è arrivato l’ufficiale giudiziario con l’ordine di sfratto esecutivo. A quel punto l’uomo ha afferrato una tanica di benzina e si è dato fuoco. In casa c’erano anche la moglie e le due figlie, di 28 e 32 anni, entrambe disoccupate. Gli agenti di polizia, chiamati dai vicini di casa, sono rimasti feriti a loro volta: uno di loro, Marco Di Raimondo, è stato dimesso quasi subito, mentre Terranova è rimasto ustionato in maniera molto più grave.

Nel frattempo la procura di Ragusa ha aperto un’inchiesta sul pignoramento e la vendita della casa di Guarascio. Il procuratore capo Carmelo Petralia e il sostituto Federica Messina hanno ipotizzato il reato di turbativa d’asta. Due i fascioli dell’inchiesta: uno sull’aggiudicazione della casa all’asta, il secondo sull’evoluzione del rapporto debitorio bancario e dell’esecuzione immobiliare.

Susanna Combusti