Il sindaco di Roma Ignazio Marino lascia Palazzo Chigi dopo un incontro sul Decreto ''Salva Roma'', 26 febbraio 2014 (Foto: ANSA)

Il sindaco di Roma Ignazio Marino lascia Palazzo Chigi dopo un incontro sul Decreto ”Salva Roma”, 26 febbraio 2014 (Foto: ANSA)

“Io da domenica blocco la città. Quindi le persone dovranno attrezzarsi, fortunati i politici del palazzo che hanno le auto blu, loro potranno continuare a girare, i romani non potranno girare”. All’indomani del ritiro del decreto “Enti locali” da parte del governo, il sindaco di Roma Ignazio Marino è furibondo. Vede la sua città sull’orlo del default e del commissariamento che ne conseguirebbe. La parte del decreto nota come “Salva Roma bis” stanziava infatti 485 milioni di euro per tappare i buchi nel bilancio 2013 e 2014 della capitale. Soldi che ora Marino vede mancare, perché la norma è arrivata alla scadenza del 28 febbraio e il governo l’ha dovuta ritirare, pur di non porre la fiducia sul provvedimento.

Il sindaco accusa il M5S e la Lega di aver costretto l’esecutivo alla decisone estrema con il continuo ostruzionismo. Ma l’opposizione si difende: “Troppi decreti in scadenza da convertire”. Il movimento di Grillo, poi, ha contrastato la norma fin dall’inizio del suo iter parlamentare ai tempi del governo Letta, a causa dei tanti emendamenti che si sono aggiunti al testo originale.

L’ultima versione del testo ritirato, infatti, non riguardava solo la capitale. A dover fare spese del ritiro è anche Milano, oltre che la Regione Sardegna. Il decreto prevedeva un contributo di 25 milioni di euro per l’anno 2013 a favore del comune di Milano per l’Expo 2015. Ora il governo dovrà trovare un altro modo per garantire al Palazzo Marino il finanziamento, che però, a differenza di Roma, non è stato messo a bilancio. Anche la Sardegna rischia di rimanere a secco. Il Salva Roma bis stanziava 90 milioni di euro per il 2014 per agli aiuti alla Regione alluvionata. Soldi che dovevano garantire un finanziamento della durata massima di due anni per gli sfollati negli 80 comuni colpiti dal nubifragio del novembre 2013.

Sono altri, però, i codicilli che hanno complicato il destino parlamentare del decreto Salva Roma. Il primo scoglio, è stato, infatti, l’emendamento sulle slot machine proposto dal Ncd e votato dal Pd, anche se lo stesso Matteo Renzi l’ha definito “una porcata”. È stata l’iniziativa del M5S a portare alla luce il 18 dicembre scorso, al Senato, la norma che penalizzava i Comuni che tentavano di arginare il gioco d’azzardo. Il provvedimento prevedeva che il governo tagliasse i fondi alle amministrazioni che adottavano norme contro le slot. È stata, poi, soppressa da un emendamento proposto da Roberto Speranza del Pd, cha fatto il dietro front.

Risolto il caso delle slot machine, se n’è aperto subito un altro, quello relativo ai cosiddetti “affitti d’oro”. Si tratta dei contratti onerosi della pubblica amministrazione per gli immobili in affitto, spesso sottoscritti senza clausole di ricesso. In particolare, è finito sotto i riflettori il Palazzo Marini, gli stabili che ospitano gli uffici dei deputati.

L’emendamento, a firma del deputato del M5S, Riccardo Fraccaro, approvato il 15 ottobre scorso all’interno del provvedimento noto come “manovrina”, consentiva ai Comuni, Regione e Stato il recesso dai contratti di affitto entro il 31 dicembre 2014 e con un preavviso di trenta giorni. Ma è stato cancellato, come ha scritto Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, da un emendamento al decreto Salva Roma della senatrice Pd Magda Zanoni. Da qui, le nuove minacce di ostruzionismo da parte del M5s e Lega. Finché, dopo il colloquio con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’ex premier Letta non abbia ritirato il provvedimento sotto Natale. In fine il 26 febbraio, la norma riproposta come Salva Roma bis è stata affossata definitivamente, provocando l’ira del sindaco di Roma, rimasto senza fondi.

Anna Lesnevskaya