Scimpanzè che sbadigliano

Due bonobo sbadigliano: il meccanismo mostra come anche gli scimpanzè provino un’empatia “flessibile”

Parte tutto da uno sbadiglio contagioso, di quelli che non si riescono proprio a trattenere e che passano di bocca in bocca. Ma se tra gli umani è sintomo di noia, per gli scimpanzè vale esattamente il contrario. Ti sbadiglio in faccia? Significa che mi piaci e mi stai simpatico. Il riflesso involontario è il segnale più evidente di un’affinità tra simili. Sia che siano pelosi, sia che appartengano ad altre specie, anche a quella umana. L’importante è che tra i due sbadigliatori vi sia familiarità.

E’ quanto affermano Matthew Campbell e Frans de Waal, ricercatori dello Yerkes National Primate Research Center. Nel loro studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, hanno usato lo sbadiglio contagioso per misurare l’empatia ”involontaria” tra 19 adulti di scimpanzé cresciuti in cattività da altri scimpanzé. Il risultato è che gli animali sono stati contagiati dallo sbadiglio sia di altri simili sia di umani a loro familiari, mentre il meccanismo di contagio non ha funzionato nel caso di scimpanzé o di babbuini sconosciuti. Segno di come, secondo gli studiosi, gli scimpanzé mostrino flessibilità nella loro empatia, proprio come gli umani.

Ma perché proprio lo sbadiglio? “‘Pensiamo che il meccanismo per copiare gli sbadigli degli altri sia lo stesso di quello che porta a replicare espressioni facciali indicanti gioia o tristezza – ha spiegato Matthew Campbell – ma uno sbadiglio è più evidente di un sorriso o di sopracciglia aggrottate, che dipendono da piccole contrazioni di muscoli non sempre visibili”.

Non è la prima volta che lo sbadiglio nei primati finisce al centro di studi: già nel 2012 Elisabetta Palagi ed Elisa Demuru, due ricercatrici dell’Università di Pisa, lo avevano analizzato per i bonobo, specie sorella degli scimpanzè. Nel loro studio suggerivano che lo sbadiglio contagioso nei bonobo poteva essere il risultato delle abilità empatiche – seppur in una loro forma base – di questi primati, basate sul cogliere e provare in modo inconscio e automatico lo stato emozionale espresso da un altro individuo.

Adesso il lavoro di Campbell e De Waal, che prosegue un loro stesso studio del 2009, aggiunge nuove conferme alle intuizioni di molti scienziati. Applicate al comportamento degli esseri umani, queste scoperte potrebbero aiutarci a capire su quali basi scegliamo un partner piuttosto che un altro, o la selezione che si compie quando si decide di confortare qualcuno e non qualcun altro. Molto più semplicemente, però, potrà offrirci un’ottima scusa per quando ci scapperà uno sbadiglio in faccia al nostro capo: “Scusami, ma mi stai proprio simpatico”.

Francesco Loiacono