(ALS) – MILANO 31 GEN – Atto dovuto o azione politica? Montano per lo più  intorno a questo interrogativo le polemiche scoppiate sul rilascio del generale libico Almasri. Ecco le tappe “giuridiche” della vicenda

La magistratura ha provveduto a notificare «l’avviso di avvenuta iscrizione» alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro della giustizia Carlo Nordio, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. L’iter giuridico è iniziato con la denuncia per favoreggiamento e peculato, 15 righe in tutto contenute in un esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti. L’esposto è accompagnato da una rassegna stampa dove sono raccolti articoli di quotidiani che ricostruiscono il rimpatrio di Almasrii dal momento del mandato d’arresto della Corte dell’Aja al momento del rimpatrio in Libia. L’esposto viene inviato alla Procura di Roma. Il procuratore capo, Francesco Lo Voi, la accoglie e la notifica alle parti.

Lo Voi ha applicato l’articolo 6 della legge sui reati ministeriali: «Il procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, entro il termine di 15 giorni, trasmette gli atti relativi al collegio, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati». Il quesito è se l’applicazione pedissequa di questa legge possa essere considerata una mossa dei magistrati per mettere in difficoltà il governo oppure un atto dovuto, necessario per legge. Lo Voi e parte della magistratura lo considera un atto dovuto, Per il governo invece, l’atto è “voluto”. E dunque, come sostiene la premier Meloni, un atto politico, all’interno del raggio d’azione del ministro delle Giustizia.

Il procuratore Lo Voi non avrebbe potuto in alcun modo svolgere indagini. Le norme prevedono infatti che in casi dii questo genere si debba coinvolgere il collegio per i reati ministeriali inviandogli «l’avviso di avvenuta iscrizione». Secondo Lo Voi, questa iscrizione dei ministri è un atto dovuto,

Il collegio per i reati ministeriali, composto da tre giudici estratti a sorte ogni due anni dalle Corti d’Appello, avrà ora 90 giorni per valutare. Le possibilità sono l’archiviazione oppure la richiesta a procedere che dovrebbe passare per un voto parlamentare.

POL/EP