ALS – MILANO, 14 MARZO – Era il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi, una giovane ventiseienne di Garlasco venne uccisa nella sua abitazione, come sottolineato nella sentenza della Corte di Cassazione, «da una persona conosciuta». Quella persona per la magistratura italiana è Alberto Stasi, studente di economia e fidanzato della Poggi. La condanna di Stasi è arrivata dopo sette anni e tre sentenze due delle quali avevano assolto l’imputato. Ora dopo 18 anni dalla morte di Chiara Poggi, si riapre il caso: nuove perizie sono riuscite ad abbinare un frammento di Dna presente sotto le unghie della vittima a un nuovo soggetto, Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi. Questo sviluppo apre a nuovi scenari giudiziari.
L’omicidio del 13 agosto avvenne nell’abitazione della famiglia Poggi mentre padre, madre e fratello della vittima erano in vacanza in montagna. Gli inquirenti non trovarono segni di infrazione. Per questo motivo hanno sempre sostenuto, in tutti i gradi di giudizio, che Chiara Poggi avesse aperto la porta al suo assassino. Il fidanzato Alberto Stasi, principale indiziato fin dai primi giorni d’indagine, ritrovò il cadavere qualche ora dopo la morte, allertando le forze dell’ordine. L’accusa ha però sostenuto, nei vari gradi di giudizio, che Stasi avesse finto di ritrovare il cadavere chiamando la polizia poche ore dopo aver commesso personalmente l’atto. Alberto Stasi si è sempre difeso dalle accuse, dicendo che nell’ora del delitto lui era al computer a lavorare alla tesi. La perizia sul suo computer ha confermato in parte l’attività davanti allo schermo di Stasi nelle ore compatibili con l’omicidio ma non in un lasso di tempo di circa venti minuti considerato probante dagli inquirenti.
A rinforzare l’ipotesi accusatoria è l’assenza di tracce ematiche sui vestiti e sulle scarpe di Stasi. L’accusa ha sostenuto che Stasi si fosse cambiato per depistare le indagini e rimuovere il sangue dai propri indumenti. La difesa dal canto suo ha invece sostenuto che arrivando diverse ore dopo il delitto, Stasi, avesse camminato su del sangue secco che quindi non avrebbe sporcato i suoi vestiti. Altri elementi accusatori fatti emergere dagli inquirenti provengono dalla testimonianza di due condomini che hanno sostenuto di aver visto, nel giorno e all’ora del delitto, una bicicletta appoggiata sul portone della casa dei Poggi. In un pedale della bicicletta della famiglia Stasi, sono state trovate tracce ematiche compatibili con quella di Chiara Poggi. In ogni caso nei diversi processi non è mai stato individuato un movente o un’arma del delitto.
Alberto Stasi ha subito un lungo iter giuridico iniziato nel 2009 con l’assoluzione in primo grado per non aver commesso il fatto e in secondo grado, nel 2011, per lo stesso motivo. Solo nel 2014, la Corte d’appello riaprendo il caso dopo una perizia computerizzata ha convertito la sentenza di assoluzione, in condanna definitiva. Il tribunale di Milano ha condannato Stasi a 24 anni, ridotti a 16 per via del rito abbreviato. Nel 2016 all’interno del processo della Corte di Cassazione, era entrato nella lista degli indagati Andra Sempio. L’amico del fratello di Chiara Poggi frequentava spesso la casa della ragazza. Le indagini iniziarono a seguito di un esposto della mamma di Alberto Stasi (condannato in via definitiva per il delitto), secondo il quale il Dna rinvenuto sotto le unghie della vittima era compatibile con quello di Sempio che, all’epoca dei fatti, era appena 19enne. I periti però avevano reputato la traccia «non identificabile».
Ora la Procura di Pavia ha riaperto le indagini. I pm diretti da Fabio Napoleone hanno affidato a fine 2023 al genetista dell’Università di Pavia il confronto della traccia del Dna ricavato dal materiale biologico intorno alle unghie di Chiara Poggi, con quello di Andrea Sempio. La perizia ha certificato la compatibilità. Ieri, Andrea Sempio è andato alla caserma dei Carabinieri di Milano per sottoporsi nuovamente all’estrazione del suo Dna. All’uscita dalla caserma si è dichiarato «tranquillo».
CRO/EP