Fa tanto ma non abbastanza. Solo nel 2012 l’Italia ha speso in fondi europei l’equivalente della somma dei precedenti quattro anni, un bel balzo in avanti. I nove miliardi di cui ha usufruito negli ultimi dodici mesi le hanno però permesso di raggiungere appena il 40 per cento del budget da spendere entro il 2013. Troppo poco secondo il piano settennale avviato nel 2007 dalla Commissione Europea, fra le varie cause anche le grandi differenze nella spesa delle singole regioni.

I fondi strutturali sono strumenti creati dall’Unione Europea per realizzare negli Stati membri gli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale. In particolare, si tratta del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo di Coesione. Sono stati pensati con la logica di permettere uno sviluppo equilibrato dell’Unione Europea e della solidarietà nei confronti delle zone più povere e svantaggiate.

Secondo i dati diffusi dal ministero per la Coesione Territoriale a fine dicembre 2012: 51 programmi operativi su 52 non perderanno i soldi richiesti perché sono riusciti a spendere entro i termini prestabiliti i fondi europei. Il disimpegno automatico è scattato per il solo Programma Attrattori culturali, naturali e turismo, che ha perso più di 33 milioni di euro. Tutti gli altri programmi anche se in ritardo, grazie alla forte accelerazione compiuta nell’ultima parte del 2012 e alla realizzazione del Piano di Azione e Coesione, hanno conseguito gli obiettivi prefissati.

Soddisfatto, per ora, il Ministro perla Coesione Territoriale Fabrizio Barca, che sottolinea: “Questo importante risultato è stato conseguito grazie all’impegno di tutte le amministrazioni pubbliche, locali, regionali e centrali, alle sollecitazioni e al contributo di conoscenza del partenariato economico e sociale, alla pressione dei mass media favorita da una accresciuta trasparenza informativa”. “Questo risultato – ha affermato il Ministro – rafforzerà ulteriormente la nostra posizione negoziale al prossimo Consiglio europeo che definirà il quadro finanziario 2014-2020”.

COSA SUCCEDE AI FONDI NON SPESI

Sul problema dei fondi il ministro Barca ha suonato il campanello d’allarme appena pochi giorni dopo il suo insediamento: “L’Italia ha accumulato un grave ritardo nella programmazione 2007-2013, con una percentuale di pagamenti di nove punti in meno rispetto allo stesso stadio del periodo di programmazione precedente “.

La regola da seguire per non perdersi neanche un centesimo di quanto richiesto all’Unione è quella di imparare a spendere. Se i fondi europei non vengono adeguatamente sfruttati entro i termini e nei modi prestabiliti il rischio è quello del “disimpegno automatico”, vale a dire la sottrazione dei finanziamenti non spesi, che tornano alla Commissione europea per essere poi ridestinati a nuovi programmi. Gli Stati avvisati dalla Commissione hanno tempo due mesi per rimettersi in regola, altrimenti le cifre stanziate verranno ridotte.

Il rischio che Bruxelles si riprenda i soldi che non sappiamo utilizzare è sempre dietro l’angolo, ce lo ricordano gli amici irlandesi che chiamano ironicamente le loro autostrade, di recente costruzione, «Italian highways» proprio perché sarebbero state costruite con i fondi europei destinati all’Italia e che il nostro Paese non era riuscito a spendere.

LA QUESTIONE DEL COFINANZIAMENTO

I progetti devono essere presentati secondo canoni precisi e, soprattutto, l’ente richiedente deve stanziare i cosiddetti matching funds, per coprire la metà dell’investimento. È il sistema del “cofinanziamento nazionale”, secondo il quale, per  un progetto da centomila euro, l’ente locale che ne fa richiesta (nel caso italiano la Regione) deve anticiparne la metà. Non c’è dubbio che si tratti di un fattore frenante per le amministrazioni di tutti i Paesi e che quindi l’Italia non è l’unica ad avere dei problemi nell’usufruirne al meglio. Siamo davanti a un paradosso: possono richiedere più soldi solo le amministrazioni che ne hanno già abbastanza, quindi chi ne avrà più bisogno avrà anche più difficoltà ad ottenerli. I fondi strutturali hanno un difetto di base: funzionano solo se chi li richiede è in grado di impegnare prima i propri soldi.

Ciò non giustifica però la negligenza e la superficialità di certi funzionari regionali, che troppo spesso pretendono di scavalcare procedure e scadenze o, ancora peggio, non conoscono bene i termini e le modalità stabilite dalla Commissione.

DIFFERENZE TRA REGIONI

Gli ultimi dati ministeriali confermano che le regioni del Sud, a cui sono destinate maggiori risorse per raggiungere la «convergenza» con i territori più sviluppati, non riescono a spendere. La maglia nera è della Campania, che ha ancora da chiudere l’85 per cento dei cantieri e deve farlo entro dicembre 2013.

La Lombardia è seconda in Italia per capacità di spesa dei fondi europei. Meglio fanno solo l’Emilia-Romagna e, tra le Regioni a statuto speciale, il Trentino. Nel 2014 partirà il nuovo ciclo di programmazione (2014-2020): in nove mesi la Lombardia dovrebbe spendere 688 milioni di euro, più della metà delle somme in dotazione.

Tra i fondi, è il Fesr quello più in ritardo. Restano quindi indietro. innovazione, energia, tutela dell’ambiente e mobilità sostenibile. Proprio quest’ultima è ha raggiunto i risultati peggiori: speso fino ad oggi solo il 3,1 per cento del totale di 139 milioni.

Secondo il report di Eupolis Lombardia, la stretta sul credito concesso dagli istituti bancari frena la partecipazione delle imprese ai bandi comunitari, così come la complessità burocratica con cui questi vengono formulati. Mentre il rispetto del Patto di stabilità interno limita le quote di cofinanziamento regionale dei progetti.

Maria Chiara Furlò
Giuliana Gambuzza
Gabriele Principato