La rivincita delle europee –  Per la prima volta alla guida della Banca Centrale Europea ci sarà una donna e per la prima volta anche alla guida della Commissione Europea ci sarà una donna. Una ripetizione di genere. È significativo che sia ancora necessario sottolineare che ci sia una “prima volta” per il sesso femminile in una posizione di potere, ma è così. Con Angela Merkel e Theresa May (ancora per poco) ci saranno anche Christine Lagarde e Ursula Von der Leyen a tenere insieme i lembi dell’Europa. L’asse franco-tedesco che l’Italia aveva cercato di evitare parlando di “questioni di metodo” si è invece trasformato nel risultato delle nomine del 3 luglio, per di più in rosa. A Bruxelles ci sono voluti tre vertici in un mese, tre giorni di nottate, trattative e promesse per arrivare ai due nomi. L’avvocatessa francese Lagarde prenderà il posto di Mario Draghi alla Bce mentre l’ex ministro della Difesa tedesca (e non solo) sarà il nuovo Jean-Claude Juncker alla Commissione. Un’elezione Ue tutta al femminile, infatti c’erano anche altre due possibili candidate: la danese Margrethe Vestager e la bulgara – appoggiata dal presidente del Consiglio italiano Giuseppe ConteKristalina Georgieva. Le due “donne di ferro”, così come alcuni le hanno chiamate, hanno dei tratti in comune. Entrambe sorridenti e con un curriculum invidiabile, sono quasi coetanee, hanno vissuto per un periodo negli Stati Uniti e non hanno studiato economia (o quasi). «Sono molto contento, dopo tutto l’Europa è una donna. Penso sia valsa l’attesa per un risultato del genere» sono state le parole del presidente del Consiglio Europeo uscente Donald Tusk, dopo aver ricevuto la notizia delle loro nomine.

Christine Lagarde. Ansa/Julien Warnand

La parigina – La «wonder woman dell’economia» Christine Lagarde è vegetariana, altissima e con un passato di pallavolista e nuoto sincronizzato, ha 63 anni ed è avvocato. Vogue l’ha definita «elegante e sofisticata», ma questa è solo la superficie della nuova presidente della Bce. Lagarde andò in America a 17 anni per poter studiare nella lingua che amava suo padre, professore di letteratura inglese, che morì quando lei era solo una ragazzina. Laureatasi in Giurisprudenza a Nanterre, ha conquistato la guida dello studio legale internazionale Baker McKenzie e nel frattempo è diventata anche mamma di due figli. «Voglio esattamente quello che ha avuto il mio predecessore» sono state le parole di Lagarde una volta ottenuto il prestigioso incarico. Si è fatta strada in un mondo di uomini, con professionalità, simpatia e grandi capacità.

 

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Christine Lagarde durante un viaggio in Angola omaggia la statua della regina Nzinga

Nel 2005 inizia anche la sua carriera politica in Francia, prima come ministro dell’Agricoltura e della Pesca nel primo governo Fillon e poi come ministro dell’Economia per volere di Nicolas Sarkozy. Nel 2011 viene chiamata alla testa del Fondo Monetario Internazionale come sostituta di Dominique Strauss-Khan, messo fuori gioco da un arresto per tentata violenza sessuale (processo poi finito in nulla) negli Stati Uniti. Tra la crisi finanziaria francese e il salvataggio della Grecia, Lagarde ha confermato la sua stoffa da leader, quando dichiarò, come riporta il Guardian: «Se la Lehman Brothers si fosse chiamata Lehman Sisters le cose sarebbero andate diversamente». Non sono mancati però momenti grigi nella sua carriera: è stata indagata per abuso d’ufficio subito dopo essere stata nominata al Fmi per fatti precedenti (sul caso Tapie- Crédit Lyonnais).  Secondo Le Monde, nell’abitazione della madame sono stati trovati degli appunti definiti “imbarazzanti” che per i giudici francesi l’hanno resa colpevole di “negligenza” (ma la pena non è stata applicata). Lagarde infatti non si è piegata, è rimasta in carica e ha continuato il suo mandato. Eletta “Miglior ministro delle Finanze dell’Eurozona” nel 2009 dal Financial Times e inserita tra le 100 persone più influenti del pianeta dal Time nel 2016, quando ha saputo della sua nomina alla Bce si è detta «onorata». Un vizio? La passione per il cioccolato che cerca di tenere a bada tutti i giorni, facendo attività fisica. Politicamente schierata nel centrodestra, Lagarde si è anche distinta per la sua attenzione alle tematiche sociali e al riscaldamento globale. Le prime reazioni alla sua nomina sono state positive anche se alcuni hanno criticato la sua poca esperienza in tema di politiche monetarie. La sua nuova scommessa inizierà ufficialmente il 31 ottobre, nel frattempo però Lagarde si è già sospesa dall’incarico al Fmi, mandato che doveva terminare nel 2021. Una delle sue ultime apparizioni in pubblico prima della nomina alla Bce è stata quella a Osaka, durante il G20.

In un video postato dall’Eliseo su Twitter, si vede Christine parlare con Emmanuel Macron e Theresa May. L’intromissione nel discorso di Ivanka Trump viene gelata immediatamente dallo sguardo di Lagarde, che per un attimo, perde il suo caratteristico sorriso.

La mamma di 7 – La seconda donna più importante della Germania è sempre stata molto meno visibile della cancelliera Angela Merkel ma da sempre è una sua fedele sostenitrice.

Ursula Gertrud Von der Leyen riesce a combinare una laurea in medicina (con specializzazione in ginecologia), sette gravidanze, l’esercito e una lunga carriera politica iniziata a soli 40 anni. Oggi ne ha 61. Nata a Bruxelles e cresciuta a Bahlsen – il padre, Ernst Albrecht, oltre che essere stato un noto politico della Cdu e governatore della Bassa Sassonia è stato amministratore delegato dell’azienda dolciaria – parla fluentemente tre lingue: tedesco, francese e inglese. Dopo aver studiato economia alla London School of Economics cambia rotta e si iscrive a Medicina in California, precisamente a Stanford, dove conosce il suo futuro marito, l’aristocratico, medico e amministratore delegato di un’azienda di ingegneria medica Heiko Von der Leyen. Luterana praticante e conservatrice doc, Von der Leyen da ragazza registrò canzoni popolari dal titolo: “Lanciamoci nel bel mondo creato da Dio” e durante il suo mandato da ministro della Famiglia tra il 2005 e il 2009 si è battuta per i matrimoni gay in Germania. Con il sorriso plastico e i tailleur rosa, Von der Leyen è stata anche ministra del Lavoro, impegnandosi per le condizioni delle mamme lavoratrici e per il miglioramento del congedo parentale, favorendo l’attuazione di un piano per la costruzione di asili nido nel Paese, ricevendo spesso anche le critiche dal suo partito.

Ursula Von der Leyen con il marito Heiko e i figli: Egmont, Maria Donata, David, Victoria, Sophie, Johanna, Gracia

Qualche scivolone, nella vita dell’unica donna ad aver ottenuto un dicastero di primo piano in tutti e quattro i governi Merkel, c’è stato: alla Difesa. Diversi furono gli scandali in cui Von der Leyen fu protagonista, il suo obiettivo era quello di riformare la Bundeswehr (l’esercito tedesco) che si trovava però in una situazione disastrosa. Tra carenze di armamenti e carri armati in panne, la ministra ha dovuto richiedere consulenze milionarie per sanare l’esercito e, come se non bastasse, si è trovata a gestire (non nel migliore dei modi) anche un caso di estremismo neonazista di un alto ufficiale. Fuori discussione la sua totale devozione all’Europa. In un’intervista ripresa dal New York Times Von der Leyen ha detto: «Non voglio immaginare l’Europa dei miei figli e dei miei nipoti come un’unione di stati intrappolati da interessi nazionali». Insomma, idee chiare e nessuna intenzione di passare per una debole. Con un certo pragmatismo ha infatti dichiarato a Der Spiegel nel 2016: «La democrazia può andare anche ai cani se non ce ne curiamo». La sua candidatura a capo della Commissione non è ancora stata ufficializzata, Von der Leyen deve ottenere la fiducia (a maggioranza assoluta) dal Parlamento Europeo il 16 luglio. Ci sono state delle polemiche, ma David Sassoli, il neo eletto Presidente del Parlamento ha dichiarato al Corriere della Sera: «Ho già incontrato la signora Von der Leyen e le ho garantito che il percorso sarà trasparente, nel rispetto delle prerogative di tutte le istituzioni». Fallito il sistema dello Spitzenkandidat il Partito popolare europeo (Ppe) dovrà dare una chance alla dottoressa, che come suoi vice ha infatti nominato Frans Timmermans e Margrethe Vestager. Comunque vada, la delfina della Merkel, sostenuta anche dal gruppo di Visegrad, tirerà fuori l’elmo, sorridendo. Una passione? L’equitazione.

Charles Michel. Epa/Olivier Hoslet

Il giovane belga –  Quando il “piano Osaka” concepito durante il G20 è andato a monte per l’opposizione del gruppo di Visegrád, il nome di Charles Michel per il Consiglio europeo è stato l’unico a spuntarla. Dopo essere stato il più giovane primo ministro belga, adesso è il più giovane titolare della carica europea, nonché il secondo del suo Paese a occuparla dopo Herman Van Rompuy. Vallone, 43 anni, politico liberale di professione e di razza, è il figlio dell’ex europarlamentare ed ex commissario europeo Louis Michel. Ha avuto un cursus honorum piuttosto fitto: a 19 anni è consigliere provinciale nel Brabante, a 23 è il più giovane a essere eletto al parlamento nazionale. Un anno dopo è nominato ministro dell’Interno nel governo vallone (in Belgio i governi sono numerosi almeno quanto i parlamenti, e conoscerli bene tutti è ardua impresa). Caduto il governo, è eletto sindaco di Wavre nel 2006 ma poi fa il grande salto al governo federale nel 2007 come ministro della Cooperazione e lo Sviluppo. Nel 2011 prende il controllo del Mouvement réformateur (partito vallone di impronta liberale). Il grande passo avviene però nel 2014. Dopo le elezioni federali è stato raggiunto un accordo tra i liberali fiamminghi e quelli valloni per eleggerlo primo ministro: il più giovane dalla fondazione del regno, il secondo francofono liberale a ricoprire l’incarico.

Il nome di Michel soddisfa le ambizioni europee del presidente francese Emmanuel Macron, che con il suo partito ha stravolto gli equilibri della coalizione liberale nel Parlamento europeo. Il fatto che sia riuscito a raggiungere un accordo politico durato oltre quattro anni con i partner di governo fiamminghi (il governo è caduto a fine 2018 dopo l’uscita della Nuova Alleanza Fiamminga in seguito al rifiuto di votare il Patto globale sulla migrazione dell’Onu) è una delle testimonianza della sua adattabilità e capacità di resistenza, qualità di cui avrà bisogno quando sarà alle prese con le istanze nazionali degli altri 26 leader. Secondo Politico l’arte belga del compromesso, il suo punto forte, potrebbe comunque rivelare i suoi limiti nei prossimi anni. Così come la sua posizione di europeista convinto alle prese con i leader euroscettici.

Il primo ministro belga Charles Michel e il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell. Epa/Olivier Hoslet

Pepe Borrell – Il presidente del governo spagnolo (facente funzioni) Pedro Sánchez ha trovato «straordinario» l’accordo raggiunto, che prevede la nomina del suo ministro degli Esteri Josep Borrell ad Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, l’incarico finora ricopero da Faderica Mogherini. Nonostante lo smacco dopo il fallimento della candidatura del socialista olandese Frans Timmermans come presidente della Commissione, la Spagna ha ottenuto uno dei quattro ruoli più prestigiosi nelle istituzioni europee. «Bisogna tornare indietro di 15 anni per vedere la Spagna in una situazione simile», ha detto Sánchez dopo la chiusura dei negoziati. Josep Borrell è un veterano della politica nelle fila del Psoe (il partito socialista spagnolo), tanto iberica quanto europea. Già presidente del Parlamento di Strasburgo dal 2004 al 2007, ha tenuto incarichi di governo durante i gabinetti González negli anni Novanta e per un paio d’anni è stato anche capogruppo dei socialisti alla Camera spagnola. Diventerebbe il secondo politico spagnolo di peso, dopo che l’economista Luis de Guindos (ex ministro del governo Rajoy) è stato nominato vicepresidente della Banca Centrale Europea nel 2018. Sarebbe anche il secondo spagnolo a ricoprire l’incarico di Alto rappresentante, già occupato da Javier Solana dal 1999 al 2009. Anche se Borell aveva deciso in un primo momento di rinunciare al suo seggio da eurodeputato (era il capolista del Psoe) per concentrarsi sul ruolo di ministro degli Esteri, in vista dell’investitura del governo a fine luglio, la partita della diplomazia europea ha spostato gli equilibri socialisti su un ruolo prestigioso ma di minore importanza. Il possibile promoveatur ut amoveatur di Sánchez verso Borrell è una mossa insidiosa, se si considera che la Spagna è uno dei pochi Paesi europei a non riconoscere il Kosovo come Stato, una questione di un certo peso per il futuro allargamento dell’Unione verso i Balcani e la Serbia. E se sui quotidiani italiani la nomina è passata in sordina per via del successo del socialdemocratico David Sassoli eletto presidente del Parlamento europeo, in Spagna il nome di Borrell ha occupato per giorni le prime pagine. D’altronde è da quasi un anno che l’attivismo di Sánchez in Europa vuole far guadagnare un inedito ruolo di primo piano per il Paese, sfruttando la posizione ormai marginale del governo italiano a Bruxelles.