Mark Zuckerberg è stato convocato da Damian Collins, presidente della Commissione media del Parlamento britannico, e da Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, per dare spiegazioni sulla vicenda di milioni di profili di utenti Facebook sottratti e forse usati per influenzare il referendum sulla Brexit e le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Intanto in due giorni a Wall Street i titoli Facebook hanno perso quasi il 10%, mentre anche la magistratura americana ha aperto un file sulla vicenda. Sono questi, per ora, gli effetti delle inchieste del Guardian e del New York Times sull’uso improprio, da parte della società di consulenza per il marketing virtuale Cambridge Analytica, di milioni di dati Fb. Secondo le rivelazioni di una fonte interna alla stessa Cambridge Analytica, ci sarebbero state profilazioni di massa degli utenti del social fondato da Zuckerberg, destinate ad orientarne le preferenze politiche.

Il caso Cambridge Analytica – «Una delle più grandi violazioni dei dati personali di sempre». Si apre con un’accusa pesantissima l’inchiesta del Guardian che ha dato il via allo scandalo che rischia di travolgere Facebook. Basata sulle rivelazioni dell’insider Christopher Wylie, un ex dipendente di Cambridge Analytic, l’inchiesta del quotidiano inglese ha rivelato i meccanismi che regolavano la trasmissione di dati personali dalla piattaforma social a Cambridge Analytic. Fondata nel 2013 dal miliardario Robert Mercer e, per un periodo, guidata da Steve Bannon (consigliere di ultra-destra di Donald Trump), la società di marketing sfruttava ogni azione e dato degli utenti facebook per creare un profilo psicometrico capace di predirne e orientarne ogni comportamento. Così, Wylie, accusa Cambridge Analytica: «Sfruttavamo Facebook per raccogliere milioni di profili di persone. Abbiamo costruito modelli per sfruttare informazioni riservate e prendere di mira i demoni più segreti di ciascun utente. Si basava su questo tutto il nostro lavoro».

App e test della personalità per rubare dati – Oltre al saccheggio illecito di dati personali tramite Facebook, di cui ha parlato anche il New York Times, c’è stato un altro grande meccanismo di data mining, cioè di estrazione dei dati. Nel 2015 il ricercatore dell’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha creato un test della personalità, chiamato thisisyourdigitallife (questa è la tua vita digitale). Per effettuare tale test era necessario effettuare l’accesso a facebook. E una volta fatto il test, tutti i dati raccolti finivano negli archivi di Facebook. Ma non solo: tramite le clausole di accesso al test della personalità, l’utente cedeva (inconsapevolmente) non solo l’accesso ai propri dati ma anche a quelli dei propri amici su facebook. Sulla base di 270 mila persone che fecero il test di Kogan, il Guardian e il New York Times stimano che siano stati rastrellati e profilati i dati di oltre 50 milioni di utenti.

Falla del sistema o complicità di Facebook? – Ma se Kogan non aveva violato nessuna regola, Cambridge Analytica, invece, non doveva avere accesso a quella miniera di informazioni. L’accusa principale verso Facebook, a questo punto, è che il social network abbia chiuso gli occhi di fronte a una violazione massiva della privacy, facendo finta di non sapere che quei dati fossero finiti in mano a Cambridge Analytica. Wylie, nell’inchiesta del Guardian, sostiene che Facebook fosse al corrente del problema da circa due anni. Ma Zuckerberg ha sospeso i rapporti con Cambridge Analytica solo il 16 marzo, un giorno prima dell’uscita dell’inchiesta. Qualunque sia stata la dinamica – omissione di controllo o complicità con Cambridge Analytica – la accusa rimane pesantissima, perché è stato dimostrato che la società di marketing usava i dati non solo a scopo commerciale, ma anche, o soprattutto, per orientare politicamente gli ignari utenti facebook.