Un colpo di testa al 51esimo minuto e l’Argentina segna 1-0 contro l’Inghilterra. Allo stadio Azteca di Città del Messico l’arbitro e il mondo non se ne accorgono, ma quel gol Diego Armando Maradona l’ha segnato con la mano, la «mano de Dios». Tre minuti dopo arriva il «gol del secolo». Per l’Argentina non è solo la vittoria del Campionato 1986. Rappresenta il riscatto delle isole Falkland, delle Malvinas, come le chiamano a Buenos Aires. Perché Maradona è questo: non solo talento e trasgressione, ma anche il simbolo del riscatto dei poveri e delle periferie, di chi di solito vince solo nelle fiabe. A lui il grande business del calcio non è mai piaciuto, come del resto la Fifa che ne è l’alfiere.  

Luci – Una cebollita di dieci anni. Comincia così, da cipollina (come gli argentini chiamano i giocatori in erba) la carriera di Dieguito nel calcio nell’Argentino Juniors. Giocherà nel Boca Juniors e nel Barcellona prima di arrivare al San Paolo, lo stadio di Napoli. Ci sono 80.000 persone ad aspettarlo. Hanno pagato la cifra simbolica di mille lire per vederlo e Maradona li saluta così: «Buonasera napolitani. Sono molto felice di essere con voi». È il 5 luglio 1984, il giorno in cui eredita la maglia azzurra numero 10, la maglia con cui il Napoli vince due scudetti, nel 1987 e nel 1990, gli unici nella storia della squadra partenopeala maglia con cui si aggiudicherà la Coppa Uefa del 1989; la maglia con cui batterà la Juventus degli Agnelli, la prima sconfitta in casa per i bianconeri dopo trentadue anni. Di nuovo, il Sud, che sia dell’Italia o del mondo, vince sul Nord.  

Un artista indiano, Sagar Kambli, dipinge Diego Armando Maradona fuori dal suo laboratorio a Mumbai, in India, il 26 novembre 2020. (EPA/DIVYAKANT SOLANKI)

Ombre – Ma negli anni Ottanta Maradona conosce anche un altro lato dell’Italia, quello della Napoli criminale dei fratelli Giuliano di Forcella. La cocaina entra nella sua vita. È qui che avrà il suo primo figlio, poi ribattezzato Diego Armando junior, con Cristiana Sinagra, una ragazza conosciuta in discoteca. Impiegherà diciassette anni prima di riconoscerlo. Ed è probabilmente qui che comincia la sua relazione con la droga di cui resterà prigioniero per sempre. Gli costerà due squalifiche per doping, una nel 1991, quando gioca nel Siviglia, e una ai mondiali del 1994Dopo una parentesi come allenatore, nel 1997 si ritira e vola a Cuba dall’amico Fidel Castro«Sei il Che Guevara dello sport», gli dice il leader cubanoMaradona lo prende in parola e si tatua Castro sul polpaccio e il Che sulla spalla, i volti della Rivoluzione.  

La morte – Maradona trascorre i suoi ultimi anni in Argentina ed è qui che muore mercoledì 25 novembre, esattamente quattro anni dopo l’amico Fidel Castro. La droga e la depressione, lzoppia al ginocchio, l’operazione al cervello, ma è un infarto a ucciderlo. Centinaia di persone sono già in fila davanti al palazzo presidenziale argentino, la Casa Rosada, dove è stata allestita la camera ardente, per ricordare il «Pibe de oro» e di come in quel 1986 riscattò il Sud del mondo e la gente comune.