tribunale milano

«Ho iniziato il massaggio cardiopolmonare e c’erano delle ferite: a ogni pressione il sangue usciva a fiotti. C’era molto sangue. Ricordo la presenza di un coltello, ma non ricordo dove fosse. A distanza di vent’anni non ho un ricordo così preciso», inizia così la testimonianza del signor Lunardelli, uno dei quattro operatori dell’ambulanza che nel tardo pomeriggio di domenica 13 settembre 1998 trovarono il cadavere di Alfredo Capelletti a Milano, negli uffici della sua azienda al 4 di via Malpighi. Lunardelli è il primo testimone alla seconda udienza alla corte d’Assise del tribunale di Milano che vede imputato Alessandro Cozzi, ex presentatore televisivo della Rai già condannato a 14 anni di carcere per l’omicidio di Ettore Vitiello nel 2011.

Ipotesi suicidio – Alessandro Cozzi era uno stretto collaboratore della Innova Skills Srl, oltre che un amico di famiglia dell’imprenditore. Nel 1998 la morte di Capelletti venne classificata come suicidio. Profonda ferita da arma da taglio. Il corpo fu trovato a terra, supino, il braccio sinistro ripiegato sul ventre e «il coltello in pugno, con la lama rivolta verso il soffitto», come ricorda con sicurezza Morgese, commercialista della vittima che per primo chiamò la polizia e i soccorsi. Capelletti si sarebbe suicidato perché depresso, dopo aver avuto qualche mese prima un’ischemia. Così il pm Maurizio Ascione nel 2014, quando il caso venne ripreso in esame dopo la condanna del Cozzi per l’omicidio Vitiello, chiese l’archiviazione del caso perché nessuna traccia estranea di dna o impronte era stata trovata sull’arma. Di diverso avviso il gip Franco Cantù Rajnoldi, che respinse la richiesta per «l’evidente inconsistenza della tesi suicidiaria». Così si è aperto un nuovo processo, alla fine del quale Alessandro Cozzi verrà giudicato in relazione alla morte dell’imprenditore.

Le somiglianze – Ettore Vitiello fu ucciso da Alessandro Cozzi (reo confesso) con più di 50 coltellate: la vittima vantava un credito di 17mila euro nei confronti dell’ex conduttore televisivo. Per l’omicidio di Vitiello, Alessandro Cozzi sta scontando una pena di 14 anni nel carcere di Monza. Secondo il giudice Rajnoldi, sarebbe di tipo economico anche il movente per l’omicidio di Cappelletti: la vittima avrebbe scoperto «condotte illecite» (anche fatture false) di Cozzi nella Innova Skills srl. Sia Morgese, all’epoca stretto collaboratore di Cappelletti, sia Elisabetta Capelletti, figlia dell’imprenditore, hanno dichiarato che la vittima voleva progressivamente allontanare Alessandro Cozzi dall’azienda sostituendolo con Laura Daglia, collaboratrice con cui sembra che l’impresario avesse una relazione extra-coniugale.

Il possibile movente – «La frequentazione di Capelletti con Daglia era sotto gli occhi di tutti», dice ancora Morgese, «lei stava assumendo un ruolo di “vice-gestione” dell’azienda. E Cozzi non la prese proprio bene». «Nell’ultimo periodo non aveva (Alfredo Capelletti, ndr) più fiducia in Alessandro (Cozzi, ndr), voleva progressivamente estrometterlo dall’azienda», conferma Elisabetta Capelletti. A insospettire l’imprenditore sarebbero state alcune voci sull’impegno di Cozzi in attività parallele a quelle della Innova Skills. Nel frattempo, al contrario, Laura Daglia era diventata una figura di riferimento per Cappelletti. La figlia dell’impresario ricorda anche come la sera del 12 settembre 1998, il giorno prima della sua morte, l’uomo avesse detto alla moglie di volersi separare. «Mio papà non mi ha mai detto esplicitamente: “Ho una relazione con Daglia”, ma io il sospetto, la sensazione l’avevo», spiega Elisabetta.

Il ritrovamento – Il cadavere di Alfredo Capelletti fu ritrovato nel suo ufficio a due passi dai bastioni di Porta Venezia. I primi ad arrivare furono Alessandro Cozzi ed Elisabetta Capelletti. «Quel pomeriggio papà era uscito dicendo che andava a fare quattro chiacchiere con Alessandro (Cozzi, ndr). Aveva con sé solo il cellulare. Erano andati in azienda con la macchina di Ale (Cozzi, ndr) e papà non aveva portato con sé le chiavi per chiudere l’ufficio. Per questo, nel tardo pomeriggio, Alessandro (Cozzi, ndr) chiama a casa dicendo che dovevamo passare a prenderlo. Mia mamma non guidava e la macchina di papà l’aveva mio fratello. Per questo Alessandro (Cozzi, ndr) è passato a prendermi a casa. Gli dissi che ero preoccupata perché papà non aveva risposto alle mie chiamate». Nell’aula di tribunale, Elisabetta Capelletti ricorda così quella sera. «Percorremmo il corridoio e Alessandro (Cozzi, ndr) iniziò a urlare “Capo! Capo!” come per chiamarlo, e poi “L’ha fatto! L’ha fatto” alludendo al suicidio». Alle domande del pm, Elisabetta Capelletti specifica che quando Cozzi urlò quelle frasi erano ancora in una posizione per cui era impossibile vedere il corpo. La ragazza non guardò mai nella stanza. Si accasciò in corridoio e lasciò che tutto le scorresse intorno. Fu Cozzi a chiamare Morgese dicendogli di fare presto, «Alfredo si è suicidato». Morgese arrivò, chiamò i soccorsi. Gli operatori del 118, come da protocollo, tentarono la rianimazione. Invano. Alfredo Capelletti era morto per emorragia.