Dal primo sciopero globale per il clima, nel marzo del 2019, sono cambiate tante cose. La pandemia, la guerra in Ucraina, le performance non violente di Ultima Generazione. «Le persone hanno altri problemi adesso e non c’è quell’attenzione mediatica che c’è stata nel 2019», dice Giovanni Mori di Fridays for future (Fff). A Milano, come in tante altre città italiane, il 3 marzo è stato organizzato lo sciopero globale per il clima. I numeri non sono stati quelli del 2019. Al corteo, partito da Largo Cairoli ed arrivato davanti al grattacielo Pirelli, hanno partecipato circa mille persone.

Le azioni – Lo sciopero è stato organizzato dal movimento ambientalista Fridays for future con l’obiettivo di portare nel dibattito politico e mediatico tre temi principali: i sussidi ambientalmente dannosi, le comunità energetiche rinnovabili solidali (Cers) e il trasporto pubblico. Durante il corteo, musica, canti, e cori si sono alternati a momenti di dialogo e azioni di protesta. Le due più rilevanti: la consegna di una lettera nel palazzo del Consiglio regionale della Lombardia che ha sede nel Pirellone con la richiesta di migliorare il trasporto pubblico regionale e l’ingresso nella sede del Coni per esortare il Comitato olimpico di Milano-Cortina 2026 a rifiutare le sponsorizzazioni da parte delle aziende che traggono profitto dai combustibili fossili, evitare la costruzione di nuovi impianti e creare un’autorità indipendente di valutazione dell’impatto ambientale dell’evento.

Alcune delle bandiere presenti al climate strike di Milano (foto di Novella Gianfranceschi)

Le voci – Dietro allo striscione “Tommorow is too late” alla testa del corteo, c’ero oltre Fff, diverse associazioni e movimenti ambientalisti: Ultima Generazione, Extinction rebellion, Diciasette, Ci sarà un bel clima, Non una di meno, Rete student* Milano e Giovani palestinesi. «Con tante altre realtà condividiamo sogni e lotte, siamo una comunità di persone», afferma Serena Vitucci di Fff Milano. Circa un migliaio di persone hanno attraversato la città per appoggiare le richieste dei Fridays. Non i numeri dello strike del marzo 2019, quando a Milano hanno partecipato almeno in 100 mila. «È difficile prevedere quanta gente si unirà a noi, ma di certo non ci aspettavamo la partecipazione di quattro anni fa. Oggi, le scuole superiori hanno aderito molto meno, nel 2019 erano professori e professoresse a portare le classi in piazza», continua Vitucci. La giornata per il clima si è conclusa con un evento organizzato dall’associazione Ci sarà un bel clima: una biciclettata da piazzale Cadorna alla Darsena terminata con un aperitivo, un momento di dialogo e scambio di idee. «È essenziale parlare anche di come le cose potrebbero migliorare se decidiamo di risolvere la crisi climatica ed ecologica. C’è bisogno di una narrazione positiva che renda desiderabile il cambiamento», dice Clara Pogliani di Ci sarà un bel clima.

Le riflessioni – Tra i movimenti ambientalisti si sta discutendo molto sull’efficacia dei cortei. Ultima Generazione è il movimento che più si è distaccato dall’idea che le manifestazioni possano portare a risultati politici e ha deciso di portare avanti azioni non violente più performative: la vernice sul Teatro alla Scala e quella sul Dito di Cattelan in piazza Affari. «L’attenzione mediatica agli scioperi per il clima si è progressivamente ridotta per questo scendono in piazza meno persone. L’importante però è mostrare alle persone che il mondo che proponiamo è migliore di quello in cui viviamo adesso. Bisogna fare politica, non bisogna essere pessimisti o ottimisti. La parola giusta è attivisti», afferma Giovanni Mori di Fff. Il dialogo è aperto anche ai partiti in Parlamento. Il climate strike è stato convocato anche per la «giustizia climatica», la stessa espressione usata da Elly Schlein nella mozione per il congresso del Partito democratico.