«La Resistenza c’è stata per chi c’era, per chi non c’è stato e per chi era contro». Le parole di Roberto Cenati, presidente del comitato provinciale milanese dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), provano ad andare oltre le polemiche delle ultime settimane in vista delle celebrazioni del 25 aprile, anniversario della liberazione dal nazifascismo. Proprio 78 anni fa le truppe partigiane liberarono Milano quando ancora Mussolini si trovava in città: «Fondamentale fu il contributo dei giovani studenti e delle donne che combatterono e morirono per la causa nazionale». Domani, nel giorno della ricorrenza, dal palco in piazza Duomo parlerà il sindaco Beppe Sala.

Studenti del Politecnico – Erano giovani, erano forti e sono morti da partigiani. Erano Francesco Moschettini e Giorgio Roesler Franz, il primo laureato in Ingegneria Elettrotecnica e dall’8 settembre del ’43 vigile del fuoco, il secondo studente di Ingegneria Civile. Moschettini, grazie alla copertura del rettore del Politenico Gino Cassinis, futuro sindaco di Milano, fu tra coloro che installò e gestì un centro radio clandestino e un centralino nei sotterranei dell’università per fornire informazioni al Clnai (Comitato di liberazione nazionale alta Italia). Una delazione lo fece arrestare il 21 settembre del ’44 e la sua vita terminò nel campo di concentramento di Mauthausen quando aveva solo 30 anni. Oggi una pietra d’inciampo posta in via Giuriati 17, dove abitava, lo ricorda. Giorgio Roesler Franz partecipò attivamente proprio nei giorni della liberazione di Milano: si era unito a una formazione Gap (Gruppi d’azione patriottica), il 1° battaglione d’assalto “Giustizia e Libertà”. Il 25 aprile contribuì a liberare la fabbrica Innocenti in via Rubattino, vicino Lambrate. Il giorno dopo, però, una settantina di tedeschi occuparono di nuovo la fabbrica e la sua formazione venne chiamata a intervenire. Nello scontro il 21enne venne colpito in pieno petto da una bomba lanciata dalle truppe nemiche. Morì il 28 aprile in seguito alle ferite riportate. Il rettore Cassinis nell’anno accademico 1946-1947 gli conferì la laurea ad honorem.

La partigiana Lia – Al secolo Gina Galeotti Bianchi, ma per tutti la “partigiana Lia”, il suo nome di battaglia. Arrestata dal Tribunale speciale nel ’43 poiché fu tra gli organizzatori degli scioperi contro la guerra del marzo dello stesso anno. Dopo l’Armistizio, per la Resistenza fece la portaordini e si occupò di assistere le famiglie rimaste orfane degli uomini partigiani. Il 24 aprile del ’45 stava andando in bicicletta, insieme a Stella Vecchio, staffetta come lei, all’ospedale Niguarda per incontrare membri della Resistenza. Per la strada incapparono in un posto di blocco partigiano che aveva fermato un camion carico di tedeschi in fuga. Incominciarono a incrociarsi raffiche di mitra e una di queste colpì Gina Galeotti Bianchi e il bambino di 8 mesi che portava in grembo: «La Vecchio mi raccontava sempre che la sua vita è stata segnata da quella tragedia», aggiunge Cenati. Gina era una donna, stava per diventare una madre ed è morta per un’Italia libera.

La polemica su La Russa – «Siamo in una fase di grandi difficoltà, con una riscrittura completa della storia e della colpevolezza del nazifascismo». Per Cenati la linea del governo Meloni è in antitesi con i valori della Resistenza e della costituzione italiana. Le sue parole seguono le dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa sull’attentato di via Rasella, operazione dei partigiani romani contro l’occupazione nazista della capitale. La seconda carica dello Stato aveva sminuito l’attacco della Resistenza a un reparto delle truppe tedesche (definite un gruppo di anziani musicanti, in realtà una formazione di polizia) attribuendo la responsabilità della rappresaglia che seguì, l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ai militanti partigiani. Il presidente Cenati vuole però chiarire che la decisione di non invitare alcuna carica statale aveva preceduto le dichiarazioni di La Russa: «Negli ultimi dodici anni solo due volte sul palco di fronte al Duomo sono intervenuti i più alti rappresentanti dello Stato: con Laura Boldrini e Pietro Grasso. L’Anpi Milano preferisce non far parlare rappresentanti del governo, di qualsiasi colore essi siano».