Prima liberato dal governo italiano, poi finito in manette in Libia. L’ex capo della polizia libica Osama Almasri Anjim è stato arrestato ieri, mercoledì 5 ottobre, a Tripoli e rinviato a giudizio con l’accusa di tortura nei confronti di vari detenuti e della morte di uno di loro in seguito alle violenze. Fermato in Italia a gennaio su mandato della Corte penale internazionale, nel giro di poche ore era stato scarcerato e riportato in Libia, tra le polemiche. Polemiche ora riaccese con il governo guidato da Giorgia Meloni che fronteggia l’attacco delle opposizioni, sostenendo che proprio il mandato di arresto spiccato in Libia aveva consigliato il procedere al rimpatrio del generale.

La liberazione in Italia – La vicenda legata ad Almasri si era aperta all’inizio del 2025, il 19 gennaio, giorno in cui la polizia italiana lo aveva fermato a Torino per eseguire il mandato d’arresto emesso in precedenza dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Due giorni dopo l’ex capo della polizia giudiziaria libica era stato però liberato e rimpatriato con un aereo di Stato a Tripoli. Il motivo? L’arresto fu considerato nullo in assenza del via libera preventivo del ministero della Giustizia. E Almasri fu a quel punto espulso dal ministero dell’Interno. Da lì era partita un’indagine a carico dei ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Procedimento poi archiviato in seguito al voto della Camera dei deputati del 9 ottobre, che ha negato la richiesta di autorizzazione a procedere e ha così salvato i tre membri del governo dal processo.

Chi è Almasri – Il generale libico faceva parte delle Rada, le Forze speciali di deterrenza, milizia nata per combattere le truppe dell’allora massima autorità del Paese Mu’ammar Gheddafi. Le Rada nel 2012 iniziarono a costruire il centro di detenzione di Mitiga, poi diventato il più grande della Libia occidentale. All’interno di quella prigione il capo dei miliziani avrebbe messo in atto i crimini di cui lo accusa la Corte penale internazionale, tra cui omicidio, tortura, violenza sessuale e persecuzione. L’arresto in Libia di Almasri si inserisce dunque nel contesto di un’inchiesta internazionale. In un comunicato dell’ufficio del procuratore generale della Libia, si legge che almeno dieci persone sarebbero state sottoposte a trattamenti crudeli e degradanti e una di loro sarebbe morta in seguito alle violenze subite.

Le opposizioni – Per la segretaria del Pd Elly Schlein si tratta una “figura vergognosa a livello internazionale per cui il governo deve chiedere scusa agli italiani”. Le fa eco il leader del M5s Giuseppe Conte: “Che umiliazione per il governo Meloni. Alla fine Almasri, un torturatore con accuse anche per stupri su bambini, è stato arrestato in Libia. Invece la nostra premier e i nostri ministri lo hanno fatto rientrare a casa con voli di Stato, con la nostra bandiera, calpestando il diritto internazionale e la Corte Penale internazionale, il cui Statuto a tutela dei diritti è stato firmato a Roma. Ora diranno che anche la Procura generale in Libia è un nemico del Governo? Che vergogna per la nostra immagine. Non è questa l’Italia”. Critiche all’esecutivo arrivano anche dal leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: “Per torture e abusi ordinato l’arresto di Almasri a Tripoli. Evidentemente sarà consegnato alla Corte penale internazionale. Insomma quello che Nordio, Piantedosi e Mantovano hanno impedito a gennaio, violando la legge, ora accade in Libia. Un po’ di vergogna dalle parti di Palazzo Chigi, no eh?”.

Il governo libico – Il primo ministro della Libia, Abdelhamid Dbeibah, ha accolto con favore l’arresto dell’ex capo della polizia del Paese. “Nessuno è sopra la legge”, ha detto il premier, citato dalla piattaforma governativa Hakomitna, sottolineando che il futuro del Paese passa attraverso polizia, esercito e istituzioni della legge, non attraverso formazioni armate. “Per la prima volta dal 2011 non esiste attualmente alcun detenuto al di fuori dell’autorità giudiziaria”, ha aggiunto definendo questo risultato “un traguardo nazionale importante”, dopo anni di opposizione da parte di vari gruppi armati.