Da sinistra in alto: Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella, Enzo Calvitti; da sinistra in basso: Roberta Cappelli e Sergio Tornaghi

È durata appena 24 ore la fuga di Luigi Bergamin e Raffaele Ventura, due dei tre uomini scampati al blitz compiuto dalle autorità francesi per consegnare alla giustizia italiana dieci ex militanti della sinistra armata degli anni 70′ e ’80, processati e condannati in Italia, che da decenni vivevano sotto la protezione della cosiddetta “dottrina Mitterand». Come si apprende da fonti investigative consultate dall’agenzia Ansa, i due fuggiaschi si sono costituiti nella mattinata di giovedì 29 aprile al palazzo di Giustizia di Parigi, dove nel frattempo gli altri sette fermati erano in attesa di essere presentati al giudice per la comunicazione della richiesta di estradizione da parte dell’Italia. All’appello manca quindi solo Maurizio Di Marzio, che rimane al momento ricercato. Per i nove arrestati disposte misure cautelari in vista del processo di estradizione che inizierà mercoledì 5 maggio.

L’operazione – Il raid, denominato Ombre Rosse, era stato studiato già a fine 2019 dopo la ratifica della Convenzione sull’estradizione siglata dagli Stati membri dell’Unione Europea salvo poi incagliarsi, complice anche lo scoppio della pandemia. A sboccarla due azioni diplomatiche di alto rilievo compiute nell’ultimo mese: prima di tutto l’incontro a distanza l’8 aprile tra il ministro della giustizia italiano Marta Cartabia e il suo corrispettivo francese Eric Dupond-Moretti, al quale Cartabia ha evidenziato l’urgenza di intervenire prima che per alcuni degli ex terroristi scattasse la prescrizione (nel caso di Di Marzio, il più imminente, il termine scade il prossimo 10 maggio); poi una telefonata avvenuta una decina di giorni fa tra il premier Mario Draghi ed Emmanuel Macron, che ha convinto il presidente francese a «una presa di coscienza, dopo anni di tentennamenti e anche di una certa compiacenza, della realtà storica dell’Italia, cioè il trauma costituito dagli anni di piombo», spiega una nota dello stesso Eliseo.

Fine dell’era Mitterand – I dieci si erano rifugiati Oltralpe beneficiando della cosiddetta dottrina Mitterand,  dal nome dell’ex presidente socialista della Repubblica francese che a partire dagli anni Ottanta garantì a persone imputate o condannate per atti violenti d’ispirazione politica di evitare l’estradizione nel Paese dove questi reati erano stati commessi, qualora costoro s’impegnassero a non ripetere azioni terroristiche e purché non si fossero macchiati di crimini di sangue. Una tutela che, di fatto, ha garantito diritto d’asilo a numerosi italiani accusati di banda armata e altri reati politici (sono 200 i nomi richiesti da Roma a Parigi) e in particolare ai componenti della variegata galassia dell’eversione di estrema sinistra. Ora la dottrina viene ripudiata dall’Eliseo, che parla di «cambiamento storico» e «atto coraggioso che il presidente ha deciso di compiere».

Processo imminente – Su richieste di Irène Terrel, che difende diversi fra gli arrestati, i nove rientreranno tutti a casa entro questa sera. Lo riporta sempre l’Ansa precisando come per ognuno di loro il giudice stia definendo vari gradi di libertà vigilata, che vanno dall’obbligo di firma a quello di essere presenti in casa in certi orari. Secondo quanto scrive Repubblica sono già stati scarcerati due di loro, Enzo Calvitti e Sergio Tornaghi. Ed è già in libertà vigilata anche Raffaele Ventura, i cui avvocati precisano che si trova sotto controllo giudiziario. Determinante per questa decisione anche la valutazione sulla salute degli arrestati: sono tutti in età avanzata e molti di loro hanno problemi sanitari. Una volta stabilite con precisione le misure, la procuratrice generale della corte d’Appello di Parigi, Catherine Champrenault, chiederà loro se accettano l’estradizione richiesta dall’Italia. Quasi scontato che tutti diranno di no. Spetterà quindi alla magistrata decidere. A quel punto, se riterrà che ci sono i presupposti per estradarli, saranno incardinati dei processi veri e propri, che dovrebbero partire mercoledì prossimo. Gli iter giudiziari si svolgeranno nei prossimi mesi, singolarmente, presso la Chambre de l’Instruction, con il rito tradizionale: quindi con la presenza di un avvocato, la possibilità di proporre eccezioni e chiedere rinvii, oltre che con esame delle condizioni in cui si svolse il processo che li ha condannati in Italia. Quando la Chambre avrà preso una decisione, la persona interessata potrà fare ricorso in Cassazione. Alla fine toccherà al primo ministro firmare un decreto di estradizione, che però potrà essere a sua volta impugnato per un ricorso amministrativo davanti al Consiglio di stato. Non ci sarà, insomma, niente di immediato a conferma di quando dichiarato oggi dall’Eliseo: «L’estradizione richiederà non meno di due-tre anni».

Le reazioni – Esprimono comunque soddisfazioni le istituzioni italiane a partire dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che in una nota dice: «Il governo esprime soddisfazione per la decisione della Francia di avviare le procedure giudiziarie, richieste da parte italiana, nei confronti dei responsabili di gravissimi crimini di terrorismo, che hanno lasciato una ferita ancora aperta. La memoria di quegli atti barbarici è viva nella coscienza degli italiani. A nome mio e del governo, rinnovo la partecipazione al dolore dei familiari nel ricordo commosso del sacrificio delle vittime». «Dopo quasi 40 anni la Francia ha compreso a pieno quale ferita abbia subito l’Italia negli anni di piombo», ha invece detto a Repubblica il ministro Cartabia, precisando che si tratta di «sete di giustizia e non di vendetta». Un’affermazione nei confronti della quale ha espresso il suo dissenso Paolo Hutter, giornalista, ex-amministratore comunale, attivista e in passato anche lui membro del gruppo extraparlamentare di sinistra Lotta Continua di cui faceva parte anche Pietrostefani: «Mi rendo conto che la giustizia deve fare il suo corso  Che per quanto riguarda i fatti di sangue, la prescrizione non sia prevista e che in Europa non ci debbano essere riserve. – ha dichiarato Hutter a La Sestina -. Però i miei dubbi restano: Pietrostefani si è sempre professato innocente e di certo il suo profilo non ha nulla a che vedere con il terrorismo. Vederlo in manette a 77 anni e messo di nuovo alla berlina a me non fa piacere». «Quello che mi ha incuriosito giornalisticamente della vicenda  – ha aggiunto Hutter – è l’aspetto politico-governativo dell’iniziativa: i mandati di cattura sarebbero stati firmati dal presidente Macron. Non so se questi atti siano lo spioncino di una virata più giustizialista da parte del ministro Cartabia».