Due lombardi su tre considerano la mafia un fenomeno marginale o non socialmente pericoloso. Questo è il dato più significativo emerso dal rapporto di “Libera Idee”, la ricerca sulla percezione e la presenza di mafie e corruzione. Il focus sulla Lombardia è stato presentato nella conferenza stampa di Libera del 29 gennaio al grattacielo Pirelli. Chiamati a introdurlo, Monica Forte, presidente della Commissione Antimafia Lombardia, Fernando dalla Chiesa, sociologo e uno dei curatori del rapporto, Lorenzo Frigerio, coordinatore di Libera Informazione, e Luigi Guarisco, referente di Libera Lombardia.

Il rapporto – Basato su un campione di 495 questionari a livello regionale (su 10.343 totali sul territorio nazionale), il rapporto “Libera Idee” si è focalizzato su diversi punti: politica e associazionismo, mafia, beni confiscati, criminalità organizzata straniera e corruzione. Gli intervistati sono stati intercettati da Libera al di fuori della sua rete associativa: si è trattato dunque di individui potenzialmente informati su queste tematiche, seppur non iscritti all’associazione.
Tra i dati di maggiore interesse, la scarsa partecipazione attiva alla vita politica (10,9%) e limitata nell’associazionismo (48,3%, uno su due). Rilevante l’elevata percezione della corruzione a livello regionale: un lombardo su quattro ha dichiarato di aver avuto esperienze dirette o indirette con pratiche corruttive, ma la quasi totalità dei cittadini percepisce la paura di denunciarle per eventuali ritorsioni. Tutti fattori che mostrano una forte carenza di fiducia nelle istituzioni.

Percezione mafiosa – Rispetto al tema della mafia, l’80% degli intervistati la ritiene una questione globale, quindi non solo confinata al sud Italia. Ma non appena si scende sul piano locale un terzo la considera un “fenomeno marginale” e un altro terzo “preoccupante, ma non socialmente pericoloso”. Uno scollamento con la realtà della penetrazione nella regione – soprattutto della ‘ndrangheta – che ha allarmato Monica Forte: «Con questo rapporto si intersecano due livelli di interesse, quello della ricerca scientifica e della politica. In quanto presidente della Commissione Antimafia Lombardia, che è un organismo politico, sono convinta che in questo momento la ricerca stia dando un preciso orientamento alla politica regionale». Un intervento che terrà conto anche della percezione del lombardo medio delle principali attività delle mafie, ritenute – a ragione – responsabili del traffico di droga, di appalti truccati, lavoro nero e corruzione della pubblica amministrazione.

Il giornalismo d’inchiesta – Una parentesi allarmante l’ha aperta invece Fernando dalla Chiesa, nel momento in cui ha commentato le risposte relative ai mezzi di informazione che riescono a raccontare meglio i fenomeni mafiosi. Nonostante i dati sulla lettura di quotidiani in Lombardia siano i più alti in Italia, meno di un lombardo su cinque (14,5%) – inferiore alla media nazionale (20%) – ritiene di trovare nel giornalismo d’inchiesta una corretta e completa narrazione dei fenomeni mafiosi. «È un dato inquietante», ha affermato il professore, «su come l’informazione riesce a coprire il racconto di una realtà che minaccia la società lombarda». Una riflessione che dovrebbe stimolare un’autocritica interna all’Ordine dei giornalisti lombardi: «Probabilmente in questa regione non si è ancora vissuto il grande giornalismo d’inchiesta sulla mafia, come invece c’è stato in Sicilia».

Il viaggio di Libera Idee – L’importanza di questi dati, che i curatori si augurano diventino la base per una più approfondita ricerca scientifica, è testimoniata dalla diffusione a cui andranno incontro nella società lombarda. Libera li renderà pubblici attraverso numerose attività, incontri e flash mob in tutte le province lombarde nella settimana tra il 4 e il 10 febbraio, per stimolare il dibattito pubblico su mafie e corruzione. A Milano l’appuntamento più importante si terrà il 6 febbraio all’Auditorium San Carlo (ore 18): un confronto e dialogo tra don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, il sindaco Giuseppe Sala, l’arcivescovo Mario Delpini e il procuratore di Milano, Francesco Greco.