Azzerare i vertici di Banca d’Italia. Ancora una volta per ricompattare Lega e Movimento 5 Stelle ci vuole la guerra aperta contro i «banchieri» e contro «chi in questi anni – ha detto Lugi Di Maio – doveva vigilare e non lo ha mai fatto». E l’occasione per i due vicepremier è arrivata giovedì 7 febbraio quando sul tavolo del Consiglio dei ministri è arrivato il dossier sul rinnovo del vicedirettore di Bankitalia, Luigi Federico Signorini. L’intenzione del governo è quella di non riconfermarlo in nome della «discontinuità» rispetto alla gestione degli ultimi anni, ma nel governo si apre una nuova spaccatura interna tra Di Maio e Matteo Salvini e l’ala istituzionale rappresentata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Domenica il responsabile del Tesoro ha difeso «l’indipendenza di Bankitalia» e dal Quirinale è filtrato un certo imbarazzo per l’intervento politico dei due vicepremier, circostanza che potrebbe portare a una dichiarazione pubblica del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Le nomine di Bankitalia – Da un punto di vista tecnico spetta al direttorio di Banca d’Italia – composto da governatore, direttore generale e tre vice – indicare al presidente del Consiglio se rinnovare il mandato di Signorini o proporre un nuovo nome. Il premier, in accordo col ministro dell’Economia e «sentito il Consiglio dei Ministri», poi lo sottopone al presidente della Repubblica che può confermare o rifiutare la nomina anche se in contrasto con il parere del governo. E lo scontro istituzionale si è aperto proprio nel consiglio dei ministri di giovedì notte quando sul tavolo di Palazzo Chigi è arrivato il dossier su Signorini: secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, sarebbero volate parole forti tra i ministri del Movimento 5 Stelle, con in testa Luigi Di Maio, e Tria (Salvini invece non era presente). I 5 Stelle e la Lega vorrebbero azzerare i vertici di Banca d’Italia non rinnovando il mandato di Signorini e nemmeno quello del direttore generale, Salvatore Rossi, che scade a maggio. Il Quirinale e l’ala “istituzionale” rappresentata dai ministri Tria e Moavero invece sono contrari all’ingerenza della politica su un organismo di garanzia così importante. Nel mezzo, come spesso è accaduto in questi mesi, rimane il premier Giuseppe Conte che vorrebbe provare a «rimandare» le nomine per far «placare le acque».
Chi è Luigi Signorini – A pochi mesi dalle elezioni europee di maggio, Signorini è il bersaglio perfetto per M5S e Lega: tutta la carriera dentro Bankitalia (è entrato a 27 anni nell’ufficio Studi di Palazzo Koch) e dal 2008 è a capo della vigilanza bancaria, di cui è stato direttore generale dal 2012 al 2013. I 5 Stelle contestano a Signorini il contenuto di alcune sue audizioni parlamentari degli ultimi anni: nel dossier pubblicato oggi dal Fatto Quotidiano, vengono ricordate due uscite pubbliche del vicedirettore di Bankitalia che non sono piaciute a Di Maio e compagni. La prima risale al 22 novembre 2012 quando Signorini aveva auspicato che la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), ovvero quella che sposta su azionisti e obbligazionisti il peso dei fallimenti bancari, venisse recepita «in tempi rapidi». Poi ci sono le sue dichiarazioni risalenti al 2015 – subito dopo il fallimento di Carichieti, PopEtruria, Cari Ferrara e Banca Marche – sulla «solidità del sistema bancario» e sul fatto che «di Etruria ce ne sono pochissime». «Una previsione ancora una volta smentita dai soldi dei risparmiatori italiani bruciati dalle numerose crisi bancarie che poi si sono susseguite», scrivono i 5 Stelle nel dossier.
Bankitalia e il governo – Non è la prima volta che governo e Quirinale si scontrano sull’indipendenza di Banca d’Italia, Nell’estate 2017, come racconta l’ex premier Paolo Gentiloni nel suo libro La sfida impopulista, governo e Quirinale erano concordi nel non rinnovare il mandato del governatore Ignazio Visco, ma l’intervento a gamba tesa del segretario del Pd Matteo Renzi aveva costretto Mattarella alla difesa incondizionata del governatore e al suo rinnovo. A settembre poi Renzi aveva voluto una commissione d’inchiesta sulle banche che si era presto trasformata in un boomerang in vista delle elezioni politiche: in un’audizione l’allora presidente di Consob, Giuseppe Vegas, aveva rivelato di aver incontrato diverse volte l’allora ministro Maria Elena Boschi per parlare del salvataggio di Banca Etruria, il cui vicedirettore era proprio il padre della Boschi.