Il caotico ritiro delle truppe dall’Afghanistan e la firma dell’accordo di pace a Gaza. La complicata gestione dei flussi migratori e il contrasto all’inflazione, pur non percepito completamente dai cittadini. Sono queste alcune delle vicende chiave dei quattro anni della presidenza di Joe Biden, che si conclude dopo 1461 giorni alle 18 ora italiana di lunedì 20 gennaio.

Truppe americane in Afghanistan – (Ansa.it – Jalil Rezayee)

Afghanistan – Il 30 agosto 2021 l’ambasciatore Ross Wilson e il generale Chris Donahue sono gli ultimi due americani a lasciare Kabul. La guerra in Afghanistan, la più lunga della storia americana, è finita. L’intervento militare era iniziato in risposta agli attacchi dell’11 settembre. Nonostante il ritiro delle truppe sia avvenuto sotto la presidenza Biden, l’accordo tra talebani e Stati Uniti era stato raggiunto a Doha da Donald Trump il 29 febbraio 2020.  Biden ha comunque sempre difeso la decisione di lasciare il paese: «L’unica alternativa possibile era mandare migliaia di altri soldati a combattere una guerra che molti afghani sembrano non aver voluto combattere». I democratici non sono però usciti trionfatori dai 19 anni e 327 giorni di guerra, conclusa con costi elevati sia dal punto di vista di vite umane sia economici. L’esercito afghano non ha opposto resistenza e la rapida conquista talebana è stata una disfatta per la coalizione internazionale a guida Usa.

Ucraina – Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo ha invaso il territorio ucraino, segnando un’escalation del conflitto in corso dal 2014. La reazione di Washington è stata immediata. Biden ha imposto una serie di sanzioni economiche contro la Russia, tra cui il congelamento dei beni di funzionari e oligarchi russi in mano agli americani. Il presidente democratico ha coordinato il supporto internazionale per l’Ucraina, guidando gli alleati Nato nel fornire armamenti, finanziamenti miliardari e aiuti umanitari. Il sostegno di Biden all’Ucraina ha inoltre consolidato la sua posizione come leader impegnato a difendere la democrazia contro l’aggressione autoritaria. Le risorse messe in campo dalla sua amministrazione non sono però state sufficienti a raggiungere un accordo di pace, nonostante già a dicembre 2022 Biden avesse accolto con favore l’apertura del presidente ucraino Volodymyr Zelensky «a una pace basata sui principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite».

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken (a sin.) e il primo ministro israeliano Bibi Nethanyahu

Gaza – «È uno scherzo?». Ha risposto così Joe Biden a un giornalista che, al termine della conferenza stampa del 15 gennaio in cui ha annunciato il raggiungimento dell’accordo per il cessate il fuoco a Gaza, gli ha chiesto se il risultato fosse merito suo o di Donald Trump. D’altronde, anche se la firma è avvenuta sotto la presidenza di Biden è innegabile il ruolo avuto dal tycoon e in particolare dal suo delegato per il Medio Oriente Steve Witkoff.
Nei 461 giorni di conflitto il leader democratico non è mai riuscito a farsi valere sul premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha ignorato le richieste provenienti da Washington. Come scrive il Post  l’incapacità dell’amministrazione Biden di influenzare il governo israeliano si è mostrata ad esempio nella gestione degli aiuti umanitari: per mesi gli Stati Uniti hanno chiesto a Israele di consentire l’ingresso nella Striscia di aiuti per la popolazione civile, incontrando l’opposizione israeliana.
Il segretario di Stato Antony Blinken durante il suo discorso del 14 gennaio 2025 sul Medio Oriente all’Atlantic Council di Washington si è comunque concentrato sui successi ottenuti da Biden in questa zona: «Il supporto politico e diplomatico degli Stati Uniti ha ridimensionato le capacità militari di Hamas nella Striscia di Gaza e di Hezbollah in Libano; ha costretto sulla difensiva l’Iran degli ayatollah; ha contribuito al rovesciamento di Bashar al-Assad in Siria, rimasto privo del sostegno armato dei suoi principali alleati: Mosca, Teheran e Hezbollah».
Atteggiamento dunque opposto rispetto a quello tenuto per il conflitto russo-ucraino a proposito del quale aveva dichiarato: «Solo un ordine basato sulle regole può salvare il mondo». Una difesa della democrazia venuta meno a favore di un sostegno esplicito all’aggressione autoritaria di Israele.
Come riportato da un sondaggio condotto da YouGov e IMEU (Institute for Middle East Understanding) l’appoggio di Biden all’assalto di Israele ha giocato un ruolo chiave nella scelta di non confermarlo da parte di molti elettori dem. Prima dell’economia (24%) e dell’immigrazione (11%), è stata infatti la gestione del conflitto israelo-palestinese (29%) la ragione principale citata dai non votanti di fede liberal per giustificare la propria astensione il 5 novembre scorso.

Politica interna – In politica interna, dal punto di vista ambientale e scientifico ha promulgato l’Inflation reduction act, il più grande investimento a favore della transizione energetica nella storia americana il Chips and science act, un provvedimento da quasi 300 miliardi di dollari pensato per aumentare gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo tecnologico. Sulle infrastrutture Biden ha portato avanti un programma da 1200 miliardi di dollari per ricostruire strade, ponti, aeroporti, reti idriche e ampliare la copertura della banda larga che è riuscito a far passare con il sostegno dei repubblicani.
Le note positive, segnala Wired, provengono anche dall’ambito sanitario e lavorativo. Biden ha infatti raddoppiato il numero di cittadini con diritto a un’assistenza sanitaria accessibile, portandoli a 25 milioni. Sul piano occupazionale, ha guidato una ripresa che ha superato le aspettative, creando posti di lavoro ogni mese del suo mandato, per un totale di 2,23 milioni solo nell’ultimo anno.

Migranti – Criticità sono arrivate dal punto di vista della gestione dei flussi migratori. Biden aveva affidato alla sua vice Kamala Harris la gestione della materia. Harris però si è resa protagonista in negativo sin dal primo viaggio all’estero, quando a giugno 2021 in Guatemala aveva invitato i migranti a non andare negli Stati Uniti. Fino alla fine del 2023 gli ingressi dei migranti lungo la frontiera Sud non sono stati gestiti in maniera adeguata, con una media di oltre 200 mila ingressi al mese. Biden e il suo staff hanno temporeggiato a lungo prima di cercare delle soluzioni, trovando un intesa con il Messico solo nel settembre 2023. Tentennamenti che hanno influito sui risultati del 5 novembre, facendo aumentare il malcontento degli elettori sia dei centri lungo la frontiera sia degli abitanti delle grandi città. In quest’ambito è arrivato uno dei suoi ultimi provvedimenti da presidente. Come riporta Politico Biden ha infatti esteso per altri diciotto mesi i visti speciali (Temporary protected status) per circa 900mila persone immigrate negli Stati Uniti da Venezuela, El Salvador, Ucraina e Sudan. Una decisione che dovrebbe rendere più difficile per Trump attuare i suoi piani di espulsione.

Economia – Tra gli altri aspetti negativi del quadriennio di Biden spicca anche il debole contrasto iniziale all’inflazione. Nel luglio 2021 aveva superato il 5% per la prima volta in 30 anni. Un dato però che non aveva preoccupato né il presidente né la Segretaria al Tesoro Janet Yallen, tanto da essere definita «temporanea e transitoria». Solo quando l’inflazione raggiunse il picco al 9,1% nel giugno 2022 Yellen e Biden ammisero i propri errori.
La BBC ha evidenziato come quest’inizio complicato abbia segnato tutta la presidenza Biden poiché, nonostante il calo dell’inflazione sotto il 3%, i bassi livelli di disoccupazione e la crescita economica costante gli elettori hanno continuato ad avere una visione pessimistica dell’economia.