200 arresti, almeno 46 feriti, opere d’arte di inestimabile valore danneggiate. È questo il primo bilancio all’indomani dell’assalto ai palazzi del potere in Brasile da parte dei sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro. Un attacco “vandalico e fascista” secondo il neo eletto presidente Luiz Inacio Lula da Silva, che ha promesso di punire “in modo esemplare” i “terroristi” responsabili dei disordini che hanno interessato la capitale brasiliana. Mentre le autorità hanno cominciato la conta dei danni dopo aver ripreso il controllo delle istituzioni, arrivano anche le prime ripercussioni politiche, tra cui la rimozione dall’incarico del governatore del Distretto Federale di Brasilia, Ibaneis Rocha.
L’assalto – La chiamano già la “Capitol Hill” brasiliana per le similitudini con l’invasione della sede del Congresso degli Stati Uniti da parte dei supporter di Donald Trump il 6 gennaio 2021. Ma quanto mostrano le immagini condivise sui social dai bolsonaristi che hanno preso d’assalto i palazzi istituzionali di Brasilia è un’incursione di proporzioni ben diverse.
Sono circa 15mila i sostenitori dell’ex presidente Bolsonaro che indossando i colori della nazionale di calcio brasiliana, domenica 8 gennaio, hanno invaso il palazzo del Congresso nazionale e assaltato i palazzi della Corte Suprema, il Palazzo Planalto (sede del Governo e della presidenza della Repubblica) e quello del Tribunale Supremo Federale. Dopo aver superato le barricate della polizia che delimitavano la zona i sostenitori dell’ex presidente si sono arrampicati sui tetti e si sono infiltrati negli edifici, vandalizzando le sedi parlamentari e danneggiando le opere d’arte al loro interno. Vetri rotti, seggi divelti e secondo l’accusa del Governo brasiliano un possibile furto di armi da fuoco.
Così come i trumpiani dopo le elezioni del 2020, i sostenitori di Bolsonaro non accettano il risultato elettorale che ha visto la vittoria di Lula ritenendolo frutto di brogli e hanno protestato a più riprese di fronte alle sedi istituzionali della capitale. L’ex presidente, che al momento dell’attacco dei suoi sostenitori si trovava in Florida, ha condannato l’episodio e si è difeso dalle accuse di istigazione alla violenza mosse dal suo successore Lula. “Durante il mio mandato sono sempre stato nel perimetro delle Costituzione”, ha scritto Bolsonaro in un tweet.
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I provvedimenti – I manifestanti avrebbero agito pressocché indisturbati per circa quattro ore prima dell’intervento dell’esercito federale. Anche per questo le autorità indagano sul possibile coinvolgimento della polizia di Brasilia nell’organizzazione dell’assalto. La rivista brasiliana Carta Capital, tramite le testimonianze di alcuni manifestanti, dà conto di un’invasione organizzata nei minimi dettagli avvenuta con il favore della polizia, con razioni di cibo gratuite promesse a chi partecipava all’attacco e la mobilitazione di un gruppo di camionisti incaricati di ostruire il passaggio nelle autostrade della città per ostacolare il responso delle forze armate.
Mentre il ministro della Giustizia brasiliano, Flavio Dino, riporta oltre 200 arresti tra i responsabili dell’assalto, il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes ha sospeso per 90 giorni il governatore di Brasilia, Ibaneis Rocha, dichiarando che non poteva verosimilmente non essere al corrente dell’attentato alla capitale. Esonerato dall’incarico anche il responsabile della Sicurezza pubblica della città, Anderson Torres, per cui è stato chiesto l’arresto immediato per aver supportato l’assalto.
Supporto internazionale – Unanime il responso della comunità internazionale, che ha condannato l’attacco alla capitale sudamericana. Dagli Stati Uniti alla Cina, passando per i diversi Paesi dell’Unione europea, l’episodio è stato descritto come un “assalto alla democrazia”. Mentre diversi leader europei hanno indirizzato la propria solidarietà direttamente al presidente Lula, dall’Italia il messaggio della premier Giorgia Meloni esprime “solidarietà alle istituzioni brasiliane”. E aggiunge che “le immagini dell’irruzione nelle sedi istituzionali sono inaccettabili e incompatibili con qualsiasi forma di dissenso democratico”.