Breath Ghosts Blind: sono le tre parole che segnano il ritorno, dopo il suo ultimo lavoro L.O.V.E. esposto da undici anni a piazza Affari, di Maurizio Cattelan a Milano. A fare da sfondo non è più la Borsa ma i capannoni del Pirelli HangarBicocca, che dal 15 luglio al 20 febbraio 2022 ospitano una mostra personale a cura di Roberta Tenconi e Vicente Todolì. L’artista padovano questa volta vuole portare gli spettatori a riflettere sui grandi temi universali della creazione, della vita e della morte, con tre sole opere in linea con la vena tagliente e provocatoria del “solito Cattelan”.
Niente water d’oro né cavalli sospesi. Piuttosto un percorso che attraverso la semioscurità delle tre sale trascina il visitatore dentro la storia personale dell’artista – che poi è la storia di ognuno di noi. Buio, silenzio religioso, serietà. La sensazione è quella di trovarsi in un luogo di culto sconsacrato. Senza poter vedere se stessi, né le altre persone che affollano la sala, le tenebre costringono la vista sulle istallazioni. Obbligano alla riflessione perché cancellano dal nostro percepibile tutto il resto.
Il viaggio introspettivo inizia da “La Piazza” (la prima sala), dove la penombra viene interrotta dal fascio di luce che investe la prima opera: Breath, un uomo e un cane che giacciono a terra. Da qui in avanti il visitatore non è più solo. Il cammino prosegue sotto gli occhi dei Ghosts, ovvero dei piccioni, presenze invisibili, semi nascoste, aggrappate alle strutture in ferro dell’Hangar. La luce si rincontrerà solo nell’ultima sala, “Il Cubo”, dentro la quale si staglia un monolite nero alto 17 metri trapassato da un aeroplano, Blind.

Breath

Due figure realizzate in marmo bianco di Carrara, un uomo e un cane distesi per terra l’uno di fronte all’altro. Nei tratti dell’uomo, apparentemente un senzatetto, si possono riconoscere quelli di Cattelan. Sembrano dormire, e immobili condividono un legame di vitalità assoluta: il respiro, meccanismo originario dell’esistenza che accomuna tutti. L’immagine è statica, come sottolinea il marmo di Carrara, ma allo stesso tempo è l’unico elemento vivo e dinamico della sala.

Ghosts

Unica delle tre a non essere un inedito, Ghosts è la rielaborazione di un’opera precedente dell’artista. Presenti già alla Biennale di Venezia, con il nome di Tourists, sono le centinaia di piccioni imbalsamati che affollano le travi del vecchio impianto industriale. Il nome rimanda a quelle presenze invisibili che tormentano la vita di ciascuno. Presenze di cui il visitatore non si accorge immediatamente, ma che lo scrutano da quando è entrato.

Blind

Un parallelepipedo in resina nera attraversato dalla sagoma di un aereo. Il riferimento è chiaro, l’attentato dell’11 settembre 2001. Una tragedia collettiva che è anche quella personale dell’artista: «Ero a New York il giorno dell’attacco alle Twin Towers e mi stavo imbarcando su un volo. Erano scene terribili, apocalittiche, e continuo a portare con me il ricordo di quell’evento tragico che mostrava tutta la fragilità della nostra condizione umana».

Nelle sue precedenti vite è stato Cattelan è statto un cameriere, un elettricista e un giardiniere. Oggi Maurizio Cattelan è uno tra gli artisti contemporanei italiani più famosi al mondo e tra i massimi esponenti della cosiddetta “arte relazionale”, corrente che abolisce i confini tra arte, pubblico e vita. Nato a Padova nel 1960 da una famiglia di modeste origini, lascia gli studi all’età di 17 anni. La sua formazione procede negli Ottanta da autodidatta tra Forlì e Bologna, frequentando gli ambienti – ma non le lezioni – dell’Accademia di Belle Arti.