Alexandre Bissonnette, studente franco canadese di 27 anni, è entrato al piano terra della moschea di Quebec City e ha sparato contro i fedeli. Sei morti e otto feriti: è il bilancio dell’attacco di domenica 30 gennaio alle 20 ora locale nel centro islamico della metropoli canadese. Due persone sono state arrestate, poi una rilasciata, perché Bissonnette si è costituito ammettendo le sue colpe.

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Il centro culturale islamico di Quebec City preso di mira dagli attentatori

Le vittime – Nel  luogo di culto erano radunati, secondo le testimonianze dei presenti, tra i 60 e i 100 fedeli per l’ultima delle cinque preghiere quotidiane. L’attentatore ha fatto irruzione nel piano terra dell’edificio, destinato alla preghiera degli uomini, mentre donne e bambini si trovavano al primo piano. Per questo le vittime sono tutte uomini, tra i 39 e i 60 anni: due algerini, un tunisino, un marocchino e due giovani guineani. Secondo alcuni testimoni tra di loro vi sarebbe anche l’imam della moschea. Oltre ai sei morti il bilancio è di otto feriti gravi.

L’attentatore – Subito dopo la sparatoria la polizia ha fermato due persone,  Bissonnette e Mohamed Khader, poi rilasciato perché riconosciuto come un testimone.  L’attentatore invece si era costituito con una telefonata, dichiarandosi pentito del gesto compiuto; Lo studente franco-canadese non era noto agli alle forze dell’ordine, anche se il ragazzo non aveva mai nascosto posizioni estreme e simpatie per i movimenti di ultra destra.

I precedenti – La moschea, che ospita il principale centro islamico della città, era già stata presa di mira dagli intolleranti. Nel 2014 era stata oggetto di vari atti vandalici, culminanti con la posa di una testa di maiale lasciata davanti alla porta dell’edificio, durante il Ramadan. In tutta la provincia canadese del Quebec gli episodi di insofferenza verso le comunità musulmane si sono moltiplicati negli ultimi anni: nel 2013 un’altra moschea della regione era stata imbrattata con del sangue suino.

Le reazioni – Il presidente del centro culturale islamico, Mohamed Yangui, che non si trovava all’interno dell’edificio al momento dell’attacco ha definito il gesto un atto di barbarie. «La diversità è la nostra forza e la tolleranza religiosa è un valore che, come canadesi, abbiamo caro»: ha detto del primo ministro Justin Trudeau, che ha subito definito il gesto un «attentato terroristico contro i musulmani», per ribadire poi lo stesso concetto in Parlamento. Il giovane fermato davanti al giudice, tuttavia, risulta incriminato per sei omicidi e otto tentati omicidi e non per terrorismo. In serata il premier e il capo dell’opposizione Rona Ambrose si sono incontrati a Quebec City per esprimere la vicinanza di tutto il Paese alla comunità musulmana.

La solidarietà è subito arrivata da tutto il mondo occidentale: Federica Mogherini ha espresso la propria vicinanza e quella delle istituzioni europee. Con lei il neopresidente del parlamento europeo Antonio Tajani: «L’Europa crede nel dialogo interreligioso. La violenza non è mai una soluzione: chi uccide nel nome dio Dio uccide Dio». Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, affida a Twitter il suo cordoglio: «I miei pensieri sono con le vittime, le loro famiglie e il popolo canadese». Anche Donald Trump, a poche ore dall’attentato, ha chiamato il primo ministro canadese esprimendo la vicinanza alle vittime e offrendo la collaborazione degli Stati Uniti per le indagini.