È un risultato storico. Cervarix, il vaccino contro il Papilloma virus, a 13 anni dalla sua introduzione nel Regno Unito ha favorito la riduzione dei casi di cancro alla cervice uterina dell’87%. I dati emersi grazie al Cancer Research Uk sono stati pubblicati sulla rivista scientifica britannica “The Lancet”, che lancia questo studio come uno dei più straordinari degli ultimi decenni, considerando che il Papilloma è uno dei virus più diffusi e letali al mondo con 300.000 vittime ogni anno. Questi numeri sono l’esito di una lunga ricerca che ha avuto i suoi primi frutti l’1 settembre 2008 con l’introduzione in commercio del vaccino, destinato nel Regno Unito a ragazze di giovane età compresa tra gli 11 e i 13 anni. I risultati si sono visti ora che le pazienti sono in età adulta, mentre lo studio ha stimato che a partire da giugno 2019 il programma di vaccinazione contro il Papilloma ha permesso di prevenire 448 tumori alla cervice e 17.235 fasi pretumorali. «Questa è solo la punta dell’Iceberg. I risultati sono ancora più eccezionali di quello che avevamo predetto», ha detto alla Bbc il professor Peter Sasieni, esperto di prevenzione tumorale al King’s College.

Dati sorprendenti – A fare la differenza nella campagna di immunizzazione è l’età in cui le donne hanno ricevuto il vaccino. Più la fascia di età si abbassa, più è alta la possibilità di non contrarre il virus. Tra i 16 e i 18 anni la riduzione di casi di cancro alla cervice è pari al 34%, nella fascia tra i 14 e i 16 anni è del 62%, mentre per le ragazze molto giovani a cui il Cervarix è stato inoculato all’età di 12-13 anni, la possibilità di contrarre il cancro diminuisce dell’87%. I dati utilizzati sono relativi a 13,7 milioni di donne che ad oggi hanno tra i 20 e i 30 anni.

Alta adesione alla vaccinazione – La campagna vaccinale nel Regno Unito ha avuto grande successo. Tra il 2008 e il 2012 circa il 90% delle giovani adolescenti inglesi si è vaccinato, garantendo così un alto livello di prevenzione in fase di crescita. «Per le donne è fondamentale ricevere il vaccino in giovane età, prima che si inizi ad essere sessualmente attive, considerando che il Papilloma si trasmette principalmente tramite rapporti sessuali», ha detto Sasieni, che poi ha aggiunto: «Sappiamo che in passato molti teenagers sono stati colpiti dal Papilloma e in generale l’80% della popolazione ha contratto il virus». La speranza è che Cervarix possa favorire l’immunizzazione di gregge e garantire una protezione dal Papilloma per tutta la durata della vita di una donna, ma ancora non ci sono certezze. Per questo è fondamentale ricevere i richiami del vaccino.

Il metodo di ricerca – Dal primo momento in cui Cervarix è stato introdotto l’obiettivo era uno solo: ridurre l’incidenza del cancro alla cervice e favorire la campagna di prevenzione. Ad essere più a rischio sono le donne tra i 16 e i 18 anni, sessualmente attive e con maggior esposizione al virus, che nel 2008 rappresentavano l’80% dei casi totali di contagio nel Paese. Il programma vaccinale, quindi, ha preso in considerazione come fattore principale le fasce d’età: 12-13, 14-16 e 16-18 anni, mentre per la comparazione dei risultati sono state individuate donne nate tra l’1 maggio 1989 e il 31 agosto 1990 e non vaccinate. L’aspettativa di riduzione del cancro alla cervice e della neoplasia intraepiteliale alla cervice era pari al 36–48%, 59–64%, e 68–71% per ogni fascia d’età (dalla più vecchia alla più giovane). Aspettative che sono state di gran lunga superate.

Papilloma virus: come riconoscerlo – Il 99% dei tumori alla cervice uterina è causato dal Papilloma virus che, però, può essere fermato grazie a un’attenta e periodica attività di monitoraggio. Prima che il cancro si formi e cresca in stato avanzato attraversa una fase pre-tumorale che può essere bloccata in tempo. I principali sintomi causati dal papilloma sono un anormale sanguinamento durante i rapporti sessuali, tra un ciclo mestruale e l’altro e anche dopo la menopausa. Inoltre può provocare anche dolore, fastidi e perdite vaginali. Se peggiora nel tempo può portare a cistite, diarrea, incontinenza e sangue nelle urine. È necessario, quindi, fare uno screening continuo con controlli ogni tre, cinque anni e ovviamente procedere con la vaccinazione.