Alla fine, ce l’hanno fatta. Non era impossibile, ma non era scontato: gli indipendentisti sono riusciti a conquistare i 68 seggi del parlamento catalano. Hanno la maggioranza: hanno vinto. Ma mentre la lunga notte di festeggiamenti a Barcellona è terminata e si chiude la campagna elettorale più strana di sempre, le difficoltà di formare un governo cominciano già a raffreddare gli animi. Non solo la forza politica più votata in Catalogna, Ciudadanos, è un partito pronto a difendere a spada tratta l’unità nazionale della Spagna. Ma – soprattutto – il leader degli independentisti Carles Puigdemont sa che dovrà fare i conti con la Cup. Partito della sinistra anticapitalista con forte radicamento tra i movimenti sociali di Barcellona, la Cup è decisiva per conservare la maggioranza di governo. Ma ha già annunciato il suo appoggio all’ex presidente a una condizione inderogabile: proseguire sulla strada della indipendenza unilaterale, senza se e senza ma. Se sarà costretto a un governo di minoranza, Puigdemont potrebbe finire per deludere – molto presto e di molto – i suoi sostenitori.
I risultati elettorali. Con oltre un milione di voti, Ciudadanos è il partito più votato di queste consultazioni per l’elezione del parlamento della regione autonoma catalana. Guidata dalla giovane e brillante candidata Inés Arrimadas, Ciudadanos, però, è una forza politica che non potrà sfruttare il suo successo elettorale: assolutamente indisponibile a un’alleanza con gli indipendentisti, non si alleerà nemmeno con il Partido Popular, che, per altro, ha ricevuto una dura batosta. Con poco più di 180. 000 voti, il partito del premier Mariano Rajoy ha conquistato solo tre seggi – il suo minimo storico.
Il secondo partito più votato è quello del leader in esilio Carles Puigdemont: JuntsxCatalunya. Con una campagna elettorale inedita e condotta tramite i social da Bruxelles, l’ex Presidente della Generalitat è stato votato da molti che, in altre condizioni, non lo avrebbero scelto (perché è di destra). Ma Puigdemont, con l’autoesilio a Bruxelles, è diventato il simbolo della causa catalana nel mondo: per questo molti hanno deciso di votarlo. In coda al partito dell’ex sindaco di Girona c’è l’Esquerra Republicana de Catalunya. Con il suo leader Oriol Junqueras in carcere, è stata Marta Rovira, la numero due del partito, ad annunciare la vittoria della causa catalana e la sconfitta di Madrid. Ancora meno voti – anche se decisivi – per la Cup: con poco più di 190. 000 preferenze ha conquistato quattro strategici seggi del parlamento.
II Partit Socialista Catalano ha strappato un 17% dei voti, ma con la maggioranza raggiunta dagli indipendentisti, il sogno del suo candidato Miquel Iceta di guidare un esecutivo di sinistra sembra destinato a tramontare. Lieve flessione anche per CatalunyaEnComù, il partito appoggiato dalla popolare sindaca Ada Colau: con poco più del 7% dei voti e 8 seggi conquistati, CatEnComù potrebbe essere una delle forze politiche corteggiate dal governo di maggioranza (o minoranza) indipendentista – che rischia di avere vita molto breve.
L’exploit Ciudadanos. Nato in Catalogna negli anni più bui della crisi economica spagnola, Ciudadanos è il Podemos di destra della politica spagnola. Con un messaggio di rottamazione della casta corrotta e il richiamo alla “società civile”, il suo fondatore Albert Rivera ha fabbricato un partito politico di destra moderata, sempre più in competizione con il PP di Mariano Rajoy. In Catalogna, in particolare, Ciudadanos si è fatto notare per la sua battaglia contro l’immersione linguistica catalana delle scuole pubbliche. Denunciando casi estremi di istituti scolastici in cui l’insegnamento del castigliano (cioè la lingua ufficiale spagnola) è ridotto a una materia secondaria (come potrebbe essere l’inglese o il francese in una scuola italiana), Ciudadanos rifiuta ogni ipotesi di apertura all’indipendentismo catalano. Puntando sui tanti spagnoli immigrati che vivono a Barcellona (e che non possono rinunciare alla loro identità spagnola), Ciudadanos è stato il partito che ha sbancato in queste elezioni. Inés Arrimadas, giovane avvocata andalusa ma residente a Barcellona da dieci anni, è, a tutti gli effetti, la perfetta rappresentante di questa – consistente – parte di spagnoli che ha scelto di vivere in Catalogna, ma che non vuole rinunciare alla propria identità nazionale.