Salvini vuole mettere un freno a chi decide di rallentare. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha annunciato l’arrivo di una direttiva, da discutere con i sindaci dei Comuni, che intervenga sul loro potere di cambiare i limiti della velocità massima nei centri urbani. Il Codacons ha deciso di presentare ricorso al Tar prima ancora della stesura della bozza da parte del ministro.
I consumatori – Il provvedimento, una bozza che verrebbe resa esecutiva soltanto dopo un dialogo tra il vicepremier della Lega e i Comuni, è stato voluto dopo la decisione del primo cittadino di Bologna, Matteo Lepore, di sperimentare la “Città 30”, che impone il limite massimo di velocità di 30 km/h alle auto che attraversano le vie urbane. Si tratta appunto ancora di una bozza, ma il Codacons ha già annunciato che presenterà ricorso al Tar contro l’atto normativo, che per l’associazione in difesa dei consumatori non sarebbe conforme alla legge: «Contro qualsiasi direttiva del Mit tesa ad impedire ai sindaci di limitare la velocità delle auto nei centri abitati, chiederemo al ministero un risarcimento danni di 500 mila euro per atto illegittimo, da versare al fondo vittime della strada».
La polemica – «Fare esperimenti su alcune vie ci sta, ma multare chi va a lavorare in auto, anche in bici, mi sembra un’ideologia priva di qualsiasi senso. Spero che il sindaco abbia voglia di ragionare, perché non ho voglia di litigare con nessuno, ma ho il dovere di tutelare la mobilità», ha commentato il leader del Carroccio, in polemica col sindaco bolognese del Pd. A prendere la stessa iniziativa di Lepore e di quello che Salvini ha definito il «partito anti auto», però, ci sono anche amministrazioni locali guidate dal centrodestra: si tratta di Olbia e Treviso, citate dalla segretaria del Pd Elly Schlein in polemica con il «il grottesco intervento del ministro Salvini».
Dov’è Città 30 – Oltre a Olbia, Treviso e Bologna – primo grande centro urbano a ridurre il limite di velocità – altre città italiane hanno scelto di sperimentare la Città 30. Prima fra tutte Cesena, che già nel 1998 aveva imposto questo limite in una strada. Anche il sindaco di Parma, Michele Guerra, aveva annunciato l’estensione della misura a tutta la città entro il 2024. A Torino, dove la misura è già prevista nel centro e nelle zone di San Salvario e Vanchiglia, sta andando avanti un piano per la sua applicazione soltanto ad alcune zone: «Non è nelle previsioni di questa amministrazione l’estensione del limite dei 30 orari sull’intero tratto viario cittadino», ha dichiarato il sindaco Stefano Lo Russo. Milano, invece, ha scelto di seguire le orme di Bologna: l’amministrazione del sindaco Giuseppe Sala ha annunciato l’introduzione della Città 30 nel capoluogo lombardo per il 2024. Anche a Roma, Firenze e Verona si discute della possibilità di abbassare il limite di velocità da 50 a 30 km/h. «Tutte le grandi città beneficerebbero della Città 30: Milano,Torino, Roma. Soprattutto quelle dove ci sono alternative ai mezzi privati e pubblici, come le biciclette, andare a piedi o usare un monopattino», ha spiegato Paolo Pileri, professore di tecnica e pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano.
Pro e contro – Tra chi difende la misura della Città 30, il primo stendardo che si sventola è quello della riduzione di incidenti stradali. Secondo l’Ufficio di prevenzione degli infortuni svizzero, la soglia dei 30 km/h diminuirebbe la probabilità di decesso per un pedone investito al 6%, contro il 30% con una velocità di 50 km/h. «Nelle nostre città, soprattutto quelle piane, la mobilità privata in auto deve essere ridotta. Mettere dei limiti di velocità deve anche servire come disincentivo all’utilizzo dell’auto per essere più sostenibili», ha dichiarato Pileri. Ma i vantaggi non sono soltanto per pedoni e ciclisti: anche l’ambiente ne beneficerebbe, poiché si arriverebbero a dimezzare le emissioni di Co2. «Meno incidenti e meno dannosi, soprattutto per i cittadini vulnerabili. Si riducono inquinamento, rumore e traffico. Si preferiscono gli spostamenti a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici – riporta il sito Bologna Città 30 -. L’obiettivo è rendere la vita più facile e sicura a chi non ha motivo di usare la macchina. E rendere la vita meno stressante a chi all’auto non può rinunciare». Chi è contrario teme invece il rischio che aumentino gli ingorghi dovuti al traffico. Di media, però, scendendo dai 50 ai 30 km/h si risparmiano appena 2 minuti ogni 4,5 km, che diventano 8 secondi nelle ore di punta. «Gli ingorghi si creano perché ci sono troppe auto, non perché si va lentamente. Noi abbiamo un problema con un eccesso di automobili nelle aree urbane», ha aggiunto Pileri, secondo cui il difetto dell’iniziativa starebbe, piuttosto, nella comunicazione e nella conoscenza delle regole del gioco: «Il punto debole in questo momento è che non viene comunicata correttamente una prospettiva di trasformazione della città. Bisogna spiegare che è più bello vivere a Bologna se posso passeggiare, se posso accompagnare mio figlio a scuola a piedi, anziché stare in macchina dove lui sta dietro, io accendo la radio e siamo due estranei dentro un abitacolo».