Il debito pubblico del mese di settembre è aumentato di 4,7 miliardi rispetto al saldo di agosto, per un ammontare totale di 2 mila e 330 miliardi di euro. Le stime, comunicate il 15 novembre dal supplemento al Bollettino Statistico della Banca d’Italia, escono in concomitanza con l’ultimatum dell’Unione Europe sulla manovra economica, che ha definito la scelta dell’Italia di non arretrare sui progetti di bilancio come una rottura “senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”. Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis insiste sull’inaccettabilità della proposta italiana di un tetto del deficit al 2,4%, malgrado le assicurazioni italiane a intervenire in caso di sconfinamento, e la non realizzabilità del piano di privatizzazioni da 18 miliardi. Mentre il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella auspicano il dialogo, il presidente di Bundesbank Jens Weidmann sostiene che l’Italia debba “ridurre il carico del debito” per evitare un deterioramento dell’equilibrio economico strutturale.

Debito o deficit? – Le precedenti richieste della Commissione avevano però riguardato riduzione del deficit pubblico italiano, cioè il disavanzo tra gettito fiscale e spesa pubblica corrente, in relazione alla presentazione del Documento Programmatico di Bilancio 2019. La Commissione aveva rivisto al rialzo le stime del ministero dall’1,7% all’1,9 per il 2018, per poi portarlo al 2,9 nel 2019 e al 3,1% nel 2020. Il 13 novembre il ministro Tria aveva presentato la versione rivista del Documento, accompagnato da una lettera esplicativa e dal Rapporto sui fattori rilevanti sull’andamento pubblico, confermando sostanzialmente i conti iniziali.
La proposta di Weidmann, invece, si riferisce al debito pubblico, cioè la passività dello Stato, che ammonta in Italia al 123% del Pil (contro il 60% previsto a regime dalle regole europee) facendone il secondo più alto d’Europa dopo quello della Grecia. L’intervento sul debito, e non sul deficit, comporterebbe perciò un controllo dei costi sul lungo periodo e una gestione centralizzata a livello europeo dei conti italiani.

Tutti contro uno – Un intervento più diretto dell’Unione, a cominciare da una procedura di infrazione, è possibile, specialmente dopo che l’Italia è stata ripresa formalmente dai vicepresidenti della Commissione Dombrovskis e Andrus Ansip, che temono per la stabilità dell’Eurozona. Ferme anche le posizioni di due ministri delle Finanze europei: l’austriaco Hartmut Loeger, supportato dal cancelliere Sebastian Kurz, vede un rischio da “scenario greco” e invoca un intervento disciplinare senza appello contro Roma se i conti non saranno corretti, supportato dalla collega olandese Wopke Hoekstra, che ha visto la non revisione del bilancio come “poco sorprendente ma molto deludente”. La Commissione ha convocato un Eurogruppo straordinario per lunedì 19 novembre, mentre la decisione definitiva è fissata all’incontro del 21 novembre.