Sono 133 in un solo giorno. E con 366 morti totali dall’inizio dell’epidemia, domenica 8 marzo l’Italia è il secondo Paese al mondo dopo la Cina per numero di decessi legati al Coronavirus. Quarta, per il volume dei contagi (7375) dietro Cina, Corea del Sud e Iran. Stando ai dati forniti dalla Protezione Civile, delle 6387 persone positive, 2180 si trovano in isolamento domiciliare, 3557 sono ricoverate con sintomi e 650 in terapia intensiva. Mentre salgono a 622 i guariti. In Lombardia si registra il record di ricoveri e i reparti di terapia intensiva rischiano il collasso. Le altre regioni predispongono la quarantena per gli italiani fuggiti dal Nord nella notte di sabato, quando sono circolate le bozze del Decreto del governo (Dcpm) relativo alla dichiarazione della zona rossa in Lombardia e in altre 14 province. E l’invito unanime di medici e politici a «stare a casa» diventa virale sui social.

Protezione Civile, la mappa dei contagi

La «Wuhan» nostrana – In Lombardia sono 4.189 i casi positivi dall’inizio dell’emergenza. Più di metà è in ospedale. In un giorno, domenica 8 marzo, i nuovi ricoveri sono stati 556 nei reparti di medicina e 40 in terapia intensiva. Salgono a 26 i guariti (550) e a 113 i morti, in totale 267. Se il 98 per cento aveva più di 65 anni, dei quasi 400 in terapia intensiva solo il 65 per cento è over 65: le complicazioni respiratorie possono colpire tutti. Al primo posto per contagi si trova la provincia di Bergamo con 997 casi (236 in più in un giorno) seguita da quella di Lodi con 811 positivi, solo 42 più di ieri, segno che le misure della zona rossa finora sono servite. Al terzo posto si piazza la provincia di Cremona (665), seguita da Brescia (501), Milano (406, di cui 171 in città), Pavia (243), Monza (59), Mantova (56) Lecco (53), Varese (32), Como (27) e Sondrio sei. 

La testimonianza shock del medico dal fronte – La situazione descritta sui socail dal dottor Daniele Macchini dell’ospedale Humanitas Gavezzeni di Bergamo è a dir poco drammatica. La guerra è esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte, uno dopo l’altro i reparti si riempiono a un ritmo impressionante. E la diagnosi è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale. “L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave e dopo pochi giorni di ricovero il semplice ossigeno che si può somministrare in un reparto può non bastare”, dice Macchini. E la terapia intensiva diventa sempre più satura, ogni ventilatore vale oro e le sale operatorie sospendono le loro attività per liberare posti letto. Il personale medico è stremato ma lotta per salvare i nuovi contagiati, al ritmo di 15-20 al giorno, anziani ma anche giovani in condizioni critiche. Di fronte a un virus per cui sono poche le terapie farmacologiche, restare a casa il più possibile è l’unico gesto utile per essere utili, a se stessi e agli altri.

Giulio Gallera durante la conferenza stampa per fare il punto sull’emergenza Coronavirus a palazzo Lombardia a Milano, 27 febbraio 2020.ANSA/Mourad Balti Touati

Gli appelli della politica- La corsa contro il tempo, secondo l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, ha un limite chiaro: le proiezioni dei medici di terapia intensiva, se non rallenta il contagio, parlano di 18mila ricoverati il 26 marzo, di cui tra 2700 e 3200 in terapia intensiva. I letti per i Covid19 sono saliti a 497 su circa 900 disponibili, il 700 per cento in più nel giro di pochi giorni. Il sistema sanitario in Lombardia per ora regge e si sta mobilitando per moltiplicare i posti di terapia intensiva. «Dal pubblico al privato stiamo facendo un lavoro enorme, ma è una guerra continua, non so fino a quando riusciremo a farcela. Il contagio da coronavirus sta riguardando un numero sempre più alto di persone e non solo anziani, può toccare tutti. La gente deve capire che non ci sono farmaci o vaccini. L’unico modo per fermarlo è stare a casa», ha detto l’assessore in collegamento ad Agorà domenica sera 8 marzo. Anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, invita i milanesi a dare prova di «realismo e buon senso, evitando il più possibile contatti non strettamente necessari». Mentre il premier Giuseppe Conte si appella al senso di auto responsabilità di ogni cittadino per il rispetto delle misure di contenimento del contagio contenute nel decreto dell’8 marzo.

La campagna social – La lotta al contagio passa anche dai social: nella domenica della festa della donna l’hashtag «Io resto a casa» si diffonde su Twitter.  Numerosi i personaggi dello spettacolo, da Fiorello a Jovanotti, che hanno postato un messaggio di responsabilità individuale per evitare di aumentare i numeri dell’epidemia. La campagna è stata poi rilanciata sulla rete dal ministro per i Beni e le attività culturali e per il Turismo, Dario Franceschini e condivisa da numerosi musei italiani.