L’ospedale Sacco

Dalle finestre del padiglione 56 dell’ospedale Sacco di Milano, reparto di epidemiologia, si intravvedono medici e infermieri. Ogni tanto passa un vigilante. Tutti hanno la mascherina a coprire naso e bocca. È qui che nella notte tra il 20 e il 21 febbraio è arrivato il “paziente zero” dei casi di coronavirus in Lombardia. L’uomo, tornato dalla Cina il 21 gennaio, avrebbe contagiato un 38enne di Codogno, in provincia di Lodi, al momento in condizioni gravi nell’ospedale cittadino. In base alla ultime notizie, sono in tutto 17 le persone contagiate in italia: 15 in Lombardia e 2 in Veneto.

La situazione – Al Sacco, al momento, sono ricoverate quattro persone: la moglie incinta del 38enne, un caro amico della coppia, il medico di famiglia e appunto il possibile “paziente zero”. Quest’ultimo è risultato negativo ai test per il Covid-19 (così è stato chiamato il ceppo di coronavirus in questione). Quindi al momento i medici dell’ospedale milanese stanno cercando di capire se abbia sviluppato gli anticorpi al virus, perché significherebbe che ha lo contratto, ma in maniera lieve o asintomatica, per poi guarire in maniera autonoma. Sicuramente positivi, invece, la moglie e l’amico del 38enne di Codogno, che restano in isolamento al Sacco, mentre si attendono riscontri sulle condizioni del medico.

L’attesa – Al padiglione 56 medici e infermieri attendono l’arrivo degli altri 11 pazienti contagiati. Tre erano stati individuati il 21 febbraio, in mattinata, sempre a Codogno, e sono pensionati del luogo: sembra che non abbiano avuto contatti con il 38enne, ma con l’amico dal momento che frequentavano lo stesso bar. Tra gli altri ottto contagiati, risultati positivi ai test durante la giornata, cinque fanno parte del personale medico di Codogno e tre dovrebbero essere pazienti. Intanto sono cominciati i tamponi a una cerchia di persone che potrebbero aver avuto contatti diretti con il primo ammalato.

La vicenda – Il reparto epidemiologico del Sacco è considerato una struttura di eccellenza nel settore: per questo si punta a trasferire qui tutti i contagiati, compatibilmente con lo stato di salute di ciascuno. Invece l’uomo che per primo ha manifestato i sintomi della malattia, poi confermati, rimarrà a Codogno perchè è troppo grave per essere spostato. Il 18 febbraio si era presentato all’ospedale di Codogno con febbre alta e mal di gola, ma era stato rimandato a casa senza che gli venisse fatto il tampone. La situazione è venuta allo scoperto due giorni dopo, quando è tornato, in condizioni peggiori, a farsi visitare. Solo in quest’occasione ha fatto presente di aver avuto contatti con un amico che era stato in Cina, un 28enne di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza), manager della Mae Shanghai, che sarebbe il presunto paziente zero risultato oggi negativo ai test. I due pazienti veneti infetti, invece, sono pensionati di 78 e 67 anni di Vò Euganeo (Padova). Vivono entrambi con i familiari e non sarebbero mai andati in Cina. Ora sono stati trasferiti dall’ospedale di Schiavonia e ricoverati in quello di Padova.