Riaprire (quasi) tutto sperando nella responsabilità dei cittadini. È con questo auspicio che lunedì 18 maggio l’Italia è uscita dal lockdown durato due mesi per l’emergenza Covid-19. Il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri (dpcm) è stato emanato domenica in accordo con la Conferenza delle Regioni dopo ore di frenetiche trattative tra venerdì e sabato notte. «Oggi entriamo a pieno regime nella Fase 2 – ha scritto il premier Giuseppe Conte in un intervento sul quotidiano Leggo – ci inoltriamo con fiducia e responsabilità nella strada che ci conduce al ripristino delle ordinarie attività di vita sociale ed economica. Il Paese si sta rimettendo in moto, in maniera prudente e ordinata, seguendo le indicazioni del governo». Poi Conte ha lanciato anche un appello alla «responsabilità» degli italiani:«Non dimentichiamo, infatti, che la strada è ancora lunga e non dovremo mai abbassare la guardia» ha concluso il presidente del Consiglio. Lunedì 18 maggio il premier ha fatto visita ad alcuni negozi del centro di Roma per capire come sta procedendo la ripartenza.

Le regole da rispettare – Secondo quanto prevede il dpcm, dal 18 maggio ci si potrà muovere liberamente nella propria regione senza bisogno di autocertificazione, rispettando il divieto di assembramento e indossando mascherine negli ambienti chiusi e «in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza». L’obbligo non vale per i bambini sotto i sei anni. Chiunque abbia la febbre sopra i 37,5 gradi non potrà uscire: una «raccomandazione», si legge nel decreto, che viene rivolta anche agli «anziani o affetti da patologie croniche o da più malattie» per far sì che escano solo in casi «di stretta necessità». Rimane invece il metro di distanza da tenere con gli altri per evitare la risalita dei contagi. Per i movimenti tra le regioni, invece, bisognerà aspettare il 3 giugno: oggi è già possibile farlo per motivi di lavoro, salute o per tornare nella propria residenza ma solo con l’autocertificazione.

Cosa riapre in Italia – Lunedì 18 maggio possono riaprire negozi, bar, ristoranti, parrucchieri ed estetisti, stabilimenti balneari, le chiese e i musei mentre si dovrà aspettare il 25 maggio per le palestre, i centri sportivi e le piscine. Solo il 15 giugno si potrà tornare a teatro o al cinema. Tutte le riaperture dovranno avvenire seguendo regole specifiche per evitare assembramenti, soprattutto al chiuso. Nei ristoranti, per esempio, si devono privilegiare le prenotazioni, all’interno la distanza tra i tavoli deve essere di almeno un metro mentre i titolari amplieranno i posti all’aperto grazie alla sospensione della tassa sul suolo pubblico. Prenotazioni necessarie anche per parrucchieri ed estetisti, nei negozi di abbigliamento si entrerà scaglionati e le prove dei vestiti si faranno con i guanti, mentre gli alberghi dovranno privilegiare i check-in e check-out online, oltre a provvedere alla sanificazione costante degli ambienti. Si potrà tornare anche al mare ma dovrà essere garantito «uno spazio di almeno dieci quadrati» per ogni ombrellone e una distanza di «almeno un metro e mezzo tra le attrezzature di spiaggia» (lettini e sdraio). I musei invece riaprono obbligando il contingentamento dei visitatori. Infine si potrà tornare nelle seconde case ma solo se all’interno della propria regione: chi vive a Firenze e ha la seconda casa a Forte dei Marmi potrà farlo, mentre non chi vive a Milano e vuole venire in Toscana.

Le regioni controcorrente – Alcune regioni però hanno deciso di andare da sole e rimandare le aperture: il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha deciso di non firmare l’intesa finale rimandando tutto a giovedì 21 maggio, mentre in Lombardia palestre e piscine apriranno solo il 31 maggio. In Piemonte, altra regione sotto i riflettori per l’alto numero di contagi, per bar e ristoranti si dovrà aspettare sabato 23 maggio.

L’autonomia alle regioni – Dopo l’accordo finale raggiunto intorno alle 3 di domenica mattina, i presidenti delle Regioni hanno ottenuto che le linee guida condivise per le riaperture venissero richiamate nelle premesse del dpcm e allegate a esso. «Regioni e Province autonome – si legge nel decreto – devono aver preventivamente accertato la compatibilità con l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori» e aver «individuato protocolli o linee guida per ridurre i rischi». Quindi: potranno aprire e richiudere a seconda dell’andamento della curva dei contagi. Secondo un retroscena pubblicato lunedì dal Corriere della Sera, sabato notte le linee guida stilate dalla Conferenza delle Regioni erano improvvisamente sparite mentre erano rimaste le più rigorose dell’Inail (su cui però non c’era accordo): poi tutto è rientrato e i governatori hanno firmato l’accordo. Tutti tranne De Luca che si è preso qualche giorno in più per decidere e secondo cui «il governo non può scaricare su di noi le responsabilità»: la Campania potrebbe non riaprire i suoi confini alle altre regioni a partire dal 3 giugno.