Un vertice cruciale ma non risolutivo. La riunione del Consiglio europeo in programma giovedì 23 aprile, alle 15.00, vede nuovamente confrontarsi in video conferenza i 27 capi di Stato e di governo dei Paesi Ue, per discutere quali strumenti attivare per dare sostegno a un’economia europea messa a dura prova dall’emergenza Covid-19. Il nodo più complicato da sciogliere riguarda la richiesta di un fondo comune per la ripresa, con cui cercare liquidità sui mercati finanziari da girare ai Paesi membri più in difficoltà. Ma se fino a pochi giorni fa ci si attendeva una decisione definitiva da questo incontro, le sensazione delle ultime ore è che si tratterà dell’ennesimo meeting interlocutorio per avvicinare le posizioni.

Nord contro Sud – Sulla questione Recovery Fund, infatti,  si è creata una spaccatura tra i 27 leader europei:  i favorevoli e più colpiti dall’emergenza sanitaria, tra cui Italia, Francia e Spagna, richiedono una soluzione straordinaria;  i contrari e più fiscali in materia di bilancio europeo, cioè i Paesi del nord guidati da Germania e Olanda, più propensi a usare gli strumenti dell’Ue già esistenti. La posizione di Berlino sembra però diventata più morbida. La cancelliera Angela Merkel, in un discorso al Parlamento tedesco, ha avvisato che è «in gioco c’è la tenuta dell’Europa» e che «dovremo essere pronti a dare contributi chiaramente più alti per il bilancio europeo». Nel frattempo le proposte sul tipo di strumento con cui dare la spinta più forte all’economia dell’Eurozona sono leggermente cambiate.

Le proposte  – Quasi certamente il dibattito partirà dalle proposte della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Nel documento interno della Commissione europea elaborato in vista del vertice Ue viene indicato un pacchetto di iniziative destinato a integrare il bilancio pluriennale Ue 2021-2027 e a mobilitare almeno 2000 miliardi di euro per ridare slancio alle economie colpite dalla crisi. Nel documento c’è anche la proposta di raccogliere sui mercati finanziari risorse per 320 miliardi di euro attraverso emissioni di obbligazioni europee da destinare per metà a prestiti e per metà a programmi ad hoc, nel quadro del bilancio pluriennale Ue, per i Paesi più colpiti dall’emergenza. Secondo quanto si legge nel testo, questo strumento, basato sul’articolo 122.1, sarà temporaneo e mirato a esigenze specifiche.

La richiesta dell’Italia – Le ipotesi di prestiti e soluzioni temporanee non hanno però trovato il gradimento del governo italiano nelle scorse settimane. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte continua a insistere per la creazione di titoli di debito garantiti a livello europeo. La richiesta è stata ribadita dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in un’intervista al Financial Times. La soluzione servirebbe ad «evitare un peso eccessivo sul peso pubblico dei singoli Stati». Gualtieri ha aggiunto che «l’ammontare delle  risorse prese a prestito dal Fondo sul mercato dovrebbe essere almeno fra 1.000 e 1.500 miliardi» tramite l’emissione di «titoli a scadenza perpetua o molto lunga».

Il compromesso spagnolo – Tra l’opzione von der Leyen e quella italiana si è inserita quella intermedia avanzata da Francia e Spagna: un recovery fund di circa 1.500 miliardi di euro finanziato dall’Ue, le cui risorse sarebbero distribuite tramite trasferimenti, senza aumentare il debito dei singoli Paesi maggiormente colpiti dalla crisi. Secondo la stampa spagnola questo compromesso sarebbe gradito alla Germania, che potrebbe convincere i Paesi del nord. E, allo stesso tempo, soddisferebbe le richieste italiane. Posizioni su cui ha già cominciato a mediare a inizio settimana il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, convocando un minivertice a cinque con i leader delle due fazioni: Giuseppe Conte, il premier spagnolo Pedro Sanchez e il presidente francese Emmanuel Macron da una parte, il premier olandese Mark Rutte e Angela Merkel dall’altra.

L’incognita dei tempi – L’importante avvicinamento tra i due blocchi potrebbe realizzarsi nel Consiglio europeo odierno. Ma non si dovrebbero trarre conclusioni per non forzare la mano e alimentare l’attrito tra i due fronti. Un risultato debole, che rimanderebbe un vero accordo di settimane, forse addirittura a inizio giugno. Un avanzamento a piccoli passi che stride con il veloce tracollo dell’economia europea soffocata dal coronavirus. Senza contare che alla lentezza decisionale si sommeranno i tempi per mettere a punto e rendere operativo il piano d’intervento straordinario. Per il momento ci si dovrà accontentare di un via libera del Consiglio all’uso dei tre canali di sostegno già esistenti proposti dall’Eurogruppo, attivabili con maggiore rapidità per far arrivare immediatamente i soldi, nel complesso 540 miliardi di euro, a imprese e lavoratori dell’Eurozona.

Mes, Bei e Sure – Due settimane fa l’organo che riunisce i ministri dell’Economia dei Paesi Ue aveva suggerito l’uso del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) senza le consuete garanzie, a patto che i fondi erogati vengano investiti dai governi nella sanità. L’utilizzo del Mes, argomento di forte dibattito in Italia, garantirebbe subito al nostro Paese 36 miliardi di euro. La Banca europea per gli investimenti (Bei), altro canale consigliato dall’Eurogruppo, potrebbe raccogliere invece 200 miliardi complessivi da destinare alle imprese. Il terzo strumento è il Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (Sure), una cassa integrazione europea proposta dalla Commissione Ue con una dotazione fino a 100 miliardi di euro da distribuire ai lavoratori dei settori economici più colpiti. L’Italia potrebbe ricevere 25 miliardi per aiutare nell’immediato i comparti più in difficoltà.