L’Italia, travolta da un nuovo aumento dei contagi, rischia una zona rossa nazionale. Con i nuovi dati del monitoraggio e l’analisi del Comitato tecnico scientifico (Cts) di venerdì 5 marzo, è probabile che siano almeno un terzo le regioni italiane a virare al rosso aggiungendosi al Molise e alla Basilicata, in lockdown già dal 1° marzo. Preoccupa in particolare la Lombardia, che alla mezzanotte di oggi 4 marzo diventerà zona arancione scuro. Il presidente Attilio Fontana ha firmato l’ordinanza, che estende così la colorazione in cui già si trovavano varie province, tra cui Brescia, che ieri ha registrato da sola il 30% di tutti i casi positivi della regione, seguita dalla provincia di Milano con oltre 1000 contagiati.
I colori – È sempre più evidente, e motivata, la preoccupazione dei governatori regionali di fronte all’impennata degli ultimi giorni, che ha già portato alla chiusura localizzata o al rafforzamento delle misure in numerosi comuni di tutta Italia. In netto peggioramento, potrebbero accompagnare la Lombardia verso la zona rossa, a partire da lunedì 8 marzo, anche il Piemonte, l’Emilia-Romagna, la Campania, la Toscana e l’Abruzzo, tutte attualmente in zona arancione. Potrebbero invece mantenere il loro colore le province autonome di Trento e Bolzano, le Marche e l’Umbria. Delle poche regioni che ancora possono vantare la zona gialla (Lazio, Sicilia, Puglia, Calabria, Liguria, Valle d’Aosta, Veneto e Friuli-Venezia Giulia), rischiano lo scatto di colore il Veneto, il Friuli e la Calabria, con il Lazio e la Puglia in bilico. Unica isola felice, nel vero senso del termine, la Sardegna, passata in zona bianca a inizio settimana grazie a una bassa circolazione del virus. Il presidente della regione, Christian Solinas, ha dichiarato che da lunedì 8 marzo blinderà l’isola: «Da lunedì a chi sbarca chiediamo qualche minuto del suo tempo per sottoporsi a un test rapido: se il risultato è di negatività si accede tranquillamente, in caso di positività scattano i protocolli previsti».
L’aumento – La situazione epidemiologica che emerge dai dati della prima settimana di marzo è allarmante: l’ultimo bollettino, quello del 4 marzo, sfonda la soglia dei 20mila contagiati – dopo settimane di relativa stabilità intorno ai 10-13mila casi giornalieri –, torna a registrare un alto numero di ricoverati e di morti e vede il tasso di positività salire al 5.8%, con Lombardia, Campania ed Emilia-Romagna che da sole contano la metà dei casi nazionali. E il ministro della Salute Roberto Speranza è convinto che «purtroppo i numeri peggioreranno ancora»: principale colpevole, con tutta probabilità, la diffusione a macchia d’olio delle varianti, specie quella inglese, responsabile secondo l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) del 54% dei contagi.
Il nuovo dpcm – Intanto fa discutere il nuovo decreto promulgato dal presidente del Consiglio Mario Draghi, che sarà in vigore dal 6 marzo al 6 aprile, Pasqua compresa: c’è chi richiede maggiori restrizioni e chi protesta per le misure annunciate. Una delle questioni più dibattute è la possibile chiusura delle scuole: nelle zone rosse è prevista lo stop di tutti gli istituti di ogni ordine e grado, mentre per le zone gialle e arancioni la decisione è rimandata ai presidenti di regione. Per il resto il nuovo decreto non ha apportato sostanziali modifiche: rimane la divisione dell’Italia in fasce di rischio, il divieto di spostamento tra le regioni e il coprifuoco dalle 22 alle 5. Si inizia però a riflettere su quale possa essere la soglia critica per far scattare una stretta ulteriore: per ora un lockdown generalizzato non sembra essere tra le opzioni, mentre le ipotesi potrebbero essere un coprifuoco anticipato e ulteriori limitazioni agli spostamenti delle persone.