La Lombardia è di nuovo in zona arancione da domenica 24 gennaio, ma non accenna a spegnersi lo scontro politico sull’errore di calcolo dell’indice Rt che aveva portato la regione per una settimana in zona rossa, quella con le maggiori restrizioni per il contenimento dell’epidemia da Covid-19. Il presidente della Regione Attilio Fontana (Lega), in un’intervista al Corriere della Sera, accusa il governo di provare a «ribaltare la responsabilità» dell’accaduto, mentre su Instagram il sindaco di Milano, Giuseppe Sala (PD), chiede più trasparenza al Pirellone: «La Regione faccia vedere i dati.»
L’errore – Lo scorso 17 gennaio, il governo aveva inserito la Lombardia nella fascia di rischio più alta: l’indice Rt, che calcola il numero di persone infettate in media da ogni contagiato, risultava di 1.4 (per la zona rossa bastava 1.25). Ma il calcolo del Comitato tecnico scientifico si basava su numeri errati. Nei contagiati rientravano anche coloro che, pur senza il doppio tampone negativo, possono interrompere l’isolamento – secondo le regole dello scorso 12 ottobre – dopo 10 o 21 giorni dal test positivo. Centinaia di persone che, una volta guarite, non venivano depennate dall’elenco. Nel database il loro stato clinico continuava ad essere descritto come “inizio sintomi“, senza specificazioni: ai fini dell’Rt erano considerati alla stregua di positivi sintomatici.
La rettifica – L’errore è stato identificato, spiega il Corriere, in una telefonata tra l’epidemiologo Stefano Merler della Fondazione Kessler di Trento e Danilo Cereda, dell’assessorato regionale alla Sanità. Era impossibile spiegare in altro modo perché l’Rt fosse così alto, in controtendenza con tutti gli altri indici. E così, il 19 gennaio, riporta il Tg3, il direttore generale dell’assessorato al Welfare della Lombardia Marco Trivelli ha scritto a Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, richiedendo «un calcolo dell’indice Rt sintomi recependo le modifiche definite a livello tecnico relative al conteggio dei pazienti». Dopo la rettifica la Lombardia è tornata in zona arancione, con un indice Rt di 0.82.
Le responsabilità – Ma di chi è la colpa dell’errore? Gli uffici di Prevenzione della Regione, alla richiesta di chiarimenti del Corriere, hanno risposto che compilare il campo sullo stato clinico «non è obbligatorio», e che «nessuno mai prima ci ha detto che altrimenti i guariti non sarebbero stati conteggiati.» Sarebbe, dunque, un errore di comunicazione di governo e Iss. Lo afferma anche il presidente Fontana: «Ci hanno chiesto di riconoscere un errore che non era nostro. La responsabilità è chiara. Noi abbiamo sollevato il caso e riportato la regione in zona arancione. E il governo sta provando a ribaltare la responsabilità.» Ma l’Istituto superiore di sanità, nelle parole di Brusaferro su Repubblica, respinge le accuse. L’algoritmo, dice, «funziona allo stesso modo da 36 settimane per tutte le Regioni»: che ci sia stato un errore della Lombardia «lo dicono i dati che la stessa Regione ha reso disponibili venerdì». Esponenti di maggioranza chiedono un question time con il ministro della salute Roberto Speranza, e Giuseppe Sala, sindaco di Milano, afferma: «Il sistema è collaudato, in funzione da mesi, una sola Regione sostiene che l’algoritmo di compilazione ha una falla mentre per tutte le altre Regioni ha sempre funzionato senza problemi. Possibile che ci abbia visto giusto solo la nostra Regione?».
Il ricorso al Tar – Intanto, con il ritorno in arancione della Lombardia, è saltata l’audizione al Tar Lazio sulla sospensiva dell’ordinanza di settimana scorsa. «Abbiamo perso l’interesse alla misura cautelare», dichiara Federico Freni, legale dell’amministrazione lombarda. Ma la giunta non ha intenzione di abbandonare il contenzioso sulla zona rossa. «Andremo avanti perché la verità dei fatti sia acclarata», dice l’assessore al Welfare Letizia Moratti.