“Natale con i tuoi, Pasqua…”. Pure. Nonostante le campagne vaccinali siano iniziate un po’ ovunque, la situazione pandemica globale non accenna a risolversi. Nel mondo i casi di Covid-19 hanno superato la soglia dei 118 milioni. È quanto emerge dai dati pubblicati dall’americana Johns Hopkins University, ai quali si aggiungono i decessi complessivi che sono arrivati a 2 milioni e 600 mila. In Italia il bollettino del 10 marzo ha registrato un tasso di positività (rapporto tra tamponi eseguiti e positivi) pari al 6,2% e altre 332 vittime. Per questo motivo il governo guidato da Mario Draghi, sollecitato anche dall’Istituto superiore della Sanità (Is) e dal Comitato tecnico scientifico (Cts), si trova costretto a dare un’ulteriore stretta ai provvedimenti già in atto per contenere i contagi. Stretta che, per quanto è dato di capire, non risparmierà le festività pasquali.
I nuovi criteri – Sarà un decreto legge a sostituire il Dpcm in vigore dal 2 marzo. Per la sua approvazione, la cabina di regia convocata il 10 marzo a Palazzo Chigi ha deciso di attendere i nuovi dati sul contagio che verranno pubblicati nella giornata l’11 marzo dall’Is. Sarà l’andamento dell’indice Rt nazionale (che indica la contagiosità del virus) relativo al periodo 24 febbraio – 7 marzo a indirizzare le nuove chiusure. «Strette generalizzate finirebbero per toccare situazioni dove ci sono andamenti positivi, come in Sardegna», ha detto il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri a La Stampa. A partire dal 15 marzo, i prossimi passaggi di fascia locali saranno determinati da questi criteri: tasso di contagio pari o superiore allo 0,25% (cioè 250 casi settimanali per 100mila abitanti) e velocità del contagio che risulta da altri dati come l’indice Rt, l’occupazione dei posti in terapia intensiva e il numero di vaccinati. La nuova ordinanza sarà firmata il 12 marzo dal ministro alla Salute Roberto Speranza e renderà automatiche le chiusure in base ai nuovi criteri da lunedì 15 fino a domenica 28 marzo.
Le richieste del Cts – Nel frattempo, il Cts (i cui componenti potrebbero venire ridotti in misura sensibile entro la fine del mese) sta provando a farsi sentire. Tra le richieste avanzate, una limitazione più stringente agli spostamenti e bar e ristoranti chiusi ovunque nei fine settimana. Quest’ultima in particolare non ha riscosso grande successo nel mondo politico. «È solo una delle ipotesi», frena il ministro Speranza. Come già sostenuto dal ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi e dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini, la chiusura di negozi e centri commerciali sarà automatica così come il passaggio in zona rossa una volta superata la quota dei 250 casi settimanali per 100mila abitanti.
Le strette per colori – Quello che appare più probabile è, quindi, la riproposizione del modello che abbiamo già visto a Natale. Le regioni in zona rossa sono destinate ad aumentare: Lombardia, Piemonte, l’intera Emilia-Romagna, le province di Trento e Bolzano, Friuli-Venezia Giulia e Marche si aggiungeranno a Campania, Basilicata e Molise. In queste regioni si tornerà alla situazione del primo lockdown, quando parchi e giardini erano chiusi e si poteva uscire a fare attività fisica solo nei pressi della propria abitazione. Scuole, bar, negozi e ristoranti saranno chiusi. La didattica a distanza (Dad) sembra destinata anche alle regioni in zona arancione, ma è già realtà perfino in alcune zone gialle. Non sono da escludere strette significative anche dove l’indice Rt non supera quella soglia di contagi per abitanti: si stanno studiando provvedimenti che vieteranno il consumo di bevande, anche da asporto, dopo le ore 18, e che revoceranno la possibilità di andare a trovare amici e parenti. Il coprifuoco potrà essere anticipato alle 20.