Un’investigazione condotta da 163 giornalisti di 39 Paesi, coordinati dal quotidiano tedesco Süddeutsche zeitung, ha svelato l’identità dei titolari di migliaia di conti della banca svizzera Credit Suisse, tra cui criminali internazionali, ex dittatori, spie e narcotrafficanti da tutto il mondo. Suisse secrets – così è stata denominata l’inchiesta – ha portato alla luce i segreti meno confessabili di uno degli istituti finanziari più grandi al mondo, rivelando un giro d’affari di oltre 100 miliardi di euro. Tra i 30mila clienti sospetti anche 700 italiani, quasi tutti domiciliati all’estero.

Clienti “speciali” – Stando a quanto emerso dall’inchiesta, che in Italia ha come partner La Stampa e IrpiMedia, la banca svizzera avrebbe continuato negli anni a offrire servizi e tutela a questi clienti nonostante le normative internazionali sulla tracciabilità dei fondi e la provenienza sospetta degli stessi. Il muro di riservatezza della banca svizzera è crollato grazie a una mail anonima arrivata alla redazione del quotidiano tedesco, che ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora rendendo pubblici i nomi dei clienti “speciali” di Credit Suisse. Tra loro Pavlo Lazarenko, ex presidente ucraino condannato per riciclaggio negli Stati Uniti, il figlio dell’ex dittatore egiziano Hosni Mubarak, che aveva più di 200 milioni di franchi svizzeri, e Khaled Nazzar, capo della giunta militare algerina durante la guerra civile degli anni ’90 e arrestato con l’accusa di crimini di guerra. Ma anche criminali fatti e finiti come Evelin Banev, ex wrestler a capo di un gruppo di narcotrafficanti affiliato alla ‘ndragheta e Bo Stevefen Sederholm, cittadino svedese condannato all’ergasolo per traffico di esseri umani. Una coltre di omertà e riservatezza proteggeva il denaro di questi correntisti fin dagli anni ’40.

«Interpretazioni tendenziose» – Secondo l’inchiesta, Credit Suisse offriva ai suoi clienti la possibilità di depositare i fondi su una serie di trust bancari sconosciuti ai normali dipendenti e gestiti personalmente dagli alti dirigenti dell’istituto. La banca si è difesa dalle accuse pubblicando un comunicato nel quale «respinge fermamente le accuse e le insinuazioni riguardanti le presunte pratiche commerciali della banca. I fatti riferiti sono principalmente remoti e ciò che viene riportato è basato su informazioni parziali, inaccurate o selettive che, estrapolate dal loro contesto, danno adito a interpretazioni tendenziose riguardo la condotta della banca. Continueremo le nostre investigazioni con una task force interna che include anche specialisti esterni esperti in materia». Secondo il Guardian però «più di due terzi dei conti sono stati aperti dal 2000», molti di questi erano ancora attivi nell’ultimo decennio e in parte lo sono tuttora.

Un anno complicato – Non è la prima volta che Credit Suisse è al centro di scandali finanziari: nel 2014 la banca è stata condannata a restituire 2,6 miliardi di dollari al fisco statunitense per una truffa relativa a false dichiarazioni dei redditi dei suoi clienti, mentre lo scorso autunno ha accettato di pagare 475 milioni di dollari alle autorità britanniche in seguito a un’indagine su un giro di tangenti legata a investimenti statali in Mozambico. Per l’istituto elvetico il 2022 si apre quindi in continuità con il 2021, che si era chiuso con perdite superiori a 1,5 miliardi e le dimissioni dell’amministratore delegato Antonio Horta-Osorio, colpevole di aver violato la quarantena Covid per andare a vedere la finale di Wimbledon.

Gli italiani coinvolti – Sono 700 i nomi italiani usciti da Suisse Secrets: non ci sono personaggi particolarmente famosi, la loro particolarità è che sono quasi tutti residenti o domiciliati all’estero. Un terzo di questi abita in Venezuela (patria di molti correntisti svizzeri legati al Governo Chavez), il più facoltoso dei quali è Mario Merello, imprenditore noto negli ambienti dello showbusiness per essere sposato con la cantante Marcella Bella. Merello, accusato di aver frodato al fisco 450 milioni di euro, era titolare di 13 conti nella banca svizzera per un patrimonio totale di 24 milioni. C’è anche la Segreteria di Stato vaticana tra i clienti “speciali” di Credit Suisse: secondo le indagini il conto del Vaticano, aperto nel lontano 1930, avrebbe forrnito i 290 milioni di sterline con cui è stato acquistato il palazzo londinese al centro dello scandalo finanziario che ha convolto la Santa Sede e il cardinale Angelo Becciu.