«Entro il nostro mandato, la Bce è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’Euro. E credetemi, sarà abbastanza». Con queste potenti parole Mario Draghi, nel celebre discorso Whatever it takes del 2012 alla Global investment conference di Londra, scongiurò la fine dell’Euro e convinse gli investitori internazionali che fino a quel momento avevano scommesso contro la sua tenuta, facendo calare gli spread in tutta Europa. La nuova sfida sarà quella di risollevare le sorti dell’Italia e traghettare il Paese al di fuori di una crisi pandemica ed economica senza precedenti.

Una vita costellata di successi e riconoscimenti a livello mondiale quella dell’economista 73enne, corredata da una carriera di prestigio ai vertici delle principali istituzioni, sia italiane che internazionali, e accompagnata da una vita privata seria e riservata, mai sopra le righe. Ma anche contraddistinta da momenti di pura casualità e, talvolta, di leggerezza. Momenti in grado di plasmare il suo destino professionale, come nel caso della rinuncia di Axel Weber, il governatore della Banca Centrale Tedesca e pretendente numero uno alla presidenza della Banca Centrale Europea, che giunge a sorpresa a seguito di dissidi ideologici. O ancora, momenti capaci di far trasparire stralci di umanità del personaggio, come nel caso dell’innocua aggressione all’Eurotower di Francoforte dell’aprile 2015, dove l’attivista Josephine Witt lanciò verso un serafico e impassibile Mario Draghi una manciata di coriandoli saltando sul tavolo della conferenza. Una figura di tale spessore e solennità da risultare quasi inarrivabile, molto distante dalle persone comuni. Ma anche in questo caso sono sempre gli episodi più curiosi a concedere uno scorcio di realtà sull’uomo Mario Draghi, come nel gennaio 2012, quando venne pizzicato a Roma dalla rivista Oggi mentre si trovava alla guida di una comune utilitaria, nel bel mezzo di una telefonata, senza cintura e senza auricolari. Oltre alle immancabili polemiche che ne scaturirono, fece sorridere l’immagine del funzionario di altissimo profilo in giro per la capitale del tutto sprovvisto di autoblu e senza alcuna guardia del corpo ad accompagnarlo, ma bensì solo, come una persona qualsiasi. Per di più a bordo di un mezzo semplice, economico e a bassi consumi, perfettamente in linea con la politica di austerity del governo Monti allora in vigore.

draghi e mattarella

L’ex presidente Bce Mario Draghi assieme al presidente Sergio Mattarella – Credits: ANSA

Un futuro da Premier  Ora Mario Draghi avrà il compito di verificare la possibilità di formare un nuovo Governo. Una possibilità, quella del mandato esplorativo per l’ex vertice Bce, in realtà già espressa da anni nel nostro Paese, ogniqualvolta i malumori di palazzo facessero presagire un’eventuale caduta del governo, tirando in causa il suo nome nel totopremier.  Dal canto suo però, Draghi finora non aveva mai confermato né espresso la volontà di accettare l’eventuale incarico. Suggestivo in tal senso è l’episodio verificatosi la mattina del 04 marzo 2018 in occasione delle elezioni politiche italiane, davanti al seggio elettorale presso il liceo Mameli di Roma, dove la moglie di Draghi in compagnia del marito, incalzata dalle domande dei giornalisti dichiarò: «Lui non lo fa il governo, non è un politico». Solo un anno più tardi, in occasione della sua ultima conferenza stampa da presidente della Banca Centrale Europea lo stesso Draghi alla domanda su che progetti avesse per il futuro, risponderà: «Non lo so, dovreste chiedere a mia moglie».

Il ritratto Draghi ad oggi è una delle poche figure politiche italiane a definirsi ancora un Lib-lab, ovvero un liberal-laburista. Un termine che si rifà al movimento riformista di origini sessantottine portato avanti da Carlo Martelli, il numero due di Craxi. Fu un tentativo di unire gli ideali liberali a quelli socialisti, basandosi su principi di egualità e meritocrazia, che ebbe però scarsa fortuna nel nostro Paese. Questa posizione abbastanza scollegata dagli attuali schieramenti politici moderni lo ha portato ad essere favorito sia dai partiti di destra che di sinistra, entrambi in carenza di personalità di rilievo paragonabili in grado di far fronte alla grave crisi dei nostri tempi. Classe 1947, nasce il 3 settembre, nello stesso periodo in cui la Costituente decide gli ultimi ritocchi alla Costituzione della Repubblica. Cattolico, fervido credente, un uomo riservato con una vita privata ma al di sopra delle righe, ma al tempo stesso dotato di una personalità forte, capace di imporsi in Europa e di farsi amare e rispettare anche dai rigidi tedeschi. “L’italiano” che ha salvato l’Euro e l’Europa: così recita la targa regalatagli in occasione della sua ultima visita al Parlamento Europeo. Draghi è stato il primo nostro connazionale a rivestire il ruolo di Presidente della Banca Centrale Europea. Nel 2018 Forbes lo inserisce al diciottesimo posto delle persone più potenti al mondo, primo italiano in classifica, e nell’enciclopedia Treccani viene definito “il più importante uomo di stato europeo dell’ultimo decennio”. Membro e vice-presidente del G30, l’organizzazione internazionale composta da finanzieri e accademici, viene soprannominato dalla stampa del Vecchio continente “Super Mario”, con l’accostamento al celebre idraulico italiano protagonista della scena videoludica degli anni ’80 e 90’, per via della sua grande intelligenza e stima. Una fama ed una fiducia nella sua figura tali da spingere il celebre tabloid tedesco Bild, storicamente mai tenero con gli italiani, a definire Super-Mario “un vero prussiano”. La sua eredità alla Bce, fatta di politiche monetarie che hanno plasmato l’Europa di oggi risollevandone le sorti, corona l’apice di una carriera di spicco, iniziata molto presto e vissuta sempre ad altissimi livelli.

Dai Gesuiti al Mit, una vita di studi e lavoro Draghi è nato a Roma, dove negli anni ’60 ha intrapreso gli studi presso i gesuiti all’istituto Massimo, considerato la migliore scuola di Roma dell’epoca. Primo di tre fratelli, a soli quindici anni perde entrambi i genitori e, ritrovandosi a doversi prendere cura della propria famiglia sin da giovanissimo, inizia una vita all’insegna della “religione del lavoro”, una caratteristica che lo contraddistinguerà per tutta la sua carriera e gli varrà la stima e l’ammirazione di molti colleghi. Sceglie di seguire le orme del padre, proseguendo gli studi nell’ambito economico, dapprima presso “La Sapienza” a Roma, dove si laurea nel 1970. Qui incontra il suo primo grande mentore, l’economista Federico Caffè, l’accademico passato alle cronache per la sua misteriosa scomparsa nella primavera del 1987, che influenzerà fortemente il suo pensiero. Quindi vola oltreoceano, conseguendo il PhD al Mit di Boston l’anno successivo, sotto la guida dei premi nobel Franco Modigliani e Robert Solow. Proprio durante la sua permanenza negli Stati Uniti avvengono alcuni degli incontri più fondamentali con alcune delle personalità destinate a essere protagoniste della scena economica mondiale: Stanley Fischer, Ben Bernanke, Olivier Blanchard, Francesco Giavazzi, Lucas Papademos. Sempre a Boston Draghi “impara cosa significhi lavorare sodo”, con oltre 18 ore di impegno quotidiano presso una società informatica a 70 chilometri di distanza dalla città. Questa parentesi americana sarà il trampolino di lancio che lo lancerà verso una raggiante e precoce carriera futura.

Banca d'Italia

Sede della Banca d’Italia – Credits: ANSA

La carriera A soli 28 anni Draghi diviene professore ordinario di economia, insegnando in numerose università italiane, come Trento, Padova, Venezia e Firenze, e continuerà per anni a coltivare la professione in parallelo con i suoi altri incarichi futuri. Gli anni ’80 segnano l’inizio della sua carriera politica quando l’allora ministro del Tesoro Giovanni Goria lo chiama come suo consigliere, quindi tra il 1984 e il 1990 arrivano i ruoli chiave in importanti istituzioni finanziare internazionali, con la nomina a Direttore Esecutivo della Banca Mondiale e della Banca Asiatica di Sviluppo. A inizi anni 90’ avviene il salto di qualità definitivo, consacrato ufficialmente con la nomina a Direttore Generale del Ministero del tesoro. Un ruolo che ricopre in modo impeccabile dal 1991 al 2001, gestendo egregiamente la regia delle cessioni pubbliche effettuate dallo Stato durante l’era delle grandi privatizzazioni, tanto da venire confermato in modo costante da tutte le amministrazioni successive: dal governo Amato I al Berlusconi bis. Il 24 febbraio del 1998 viene varato il decreto legislativo n. 58, una normativa per la regolamentazione di mercati e finanza che passerà alla storia come la cosiddetta “legge Draghi”.

Nel 1999 viene nominato amministratore delegato e vicedirettore di Goldman Sachs, la celebre banca d’affari americana, entrando anche a far parte del suo comitato esecutivo nel 2004. Quest’esperienza gli permetterà di capire come funzionino dall’interno le vere grosse banche d’affari internazionali, formando ulteriormente le sue già sviluppate competenze. In futuro, tuttavia, questi suoi trascorsi saranno oggetto di forti polemiche in occasione della sua candidatura alla presidenza della Banca Centrale Europea, a causa degli aiuti truffaldini forniti dalla banca alla Grecia per ridurre apparentemente i propri debiti nei confronti di Bruxelles.

Il 29 dicembre 2005 Draghi riprende il suo percorso nelle istituzioni italiane interrotto nel 2002, subentrando come nono governatore della Banca d’Italia ad Antonio Fazio, costretto alle dimissioni dallo scandalo di Bancopoli. Durante il suo mandato della durata di sei anni, con le sue politiche facilita e incoraggia le principali fusioni del sistema bancario italiano, in modo da scongiurare eventuali acquisizioni da parte degli istituti di credito stranieri. In questo periodo si assiste alle fusioni più storiche del nostro Paese come Intesa-Sanpaolo e Unicredit-Capitalia. In questi stessi anni è alla presidenza del Financial Stability Board, l’organismo internazionale preposto al monitoraggio dell’intero sistema finanziario globale.

Banca Centrale Europea

Sede della Banca Centrale Europea Credits: ANSA

La presidenza Bce Dopo la grave crisi economica globale del 2008, l’Europa si ritrova in fretta in una situazione di instabilità monetaria dalla quale non sembra esserci via d’uscita, tanto che i grandi investitori internazionali iniziano a scommettere contro il futuro della moneta unica, facendo schizzare gli spread dei paesi comunitari alle stelle. Pochi anni più tardi arriva l’insediamento di Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea, ufficializzato dall’Eurogruppo il 16 maggio 2011, il quale eredita un’Europa disastrata sull’orlo del tracollo economico. La fiducia nella sua figura istituzionale è tale da portare il popolare tabloid tedesco Bild, il quale diventerà uno dei suoi più feroci critici, a donargli unpickelhaube”, il famoso elmetto chiodato di cuoio e ottone indossato dai militari prussiani, cimelio della guerra franco-prussiana del 1870. I primi due anni sono i più duri per la tenuta dell’euro, che resiste soprattutto grazie alle tempestive misure introdotte dal nuovo presidente. Dapprima interviene con la creazione di nuovi strumenti con cui la Bce possa ripristinare e mantenere la stabilità economica europea. Il più famoso di questi è il Quantitative Easing, con il quale vengono riacquistati i titoli di stato dalle banche a condizioni molto vantaggiose, immettendo liquidità per i prestiti destinati a imprese e famiglie. Vengono attuate anche le riforme economiche del fiscal compact e le politiche di austerità Così facendo riesce ad abbassare gli spread dei paesi più in difficoltà e decresce anche la disoccupazione, scongiurando il rischio dello scioglimento dell’Eurozona. A convincere gli investitori di tutto il mondo basta il suo storico discorso del 2012 alla Global Investment Conference di Londra, dove Draghi annuncia che la Bce avrebbe fatto “whatever it takes”, ovvero “tutto il necessario” per salvare l’Euro. Quindi riesce a imporre la sua volontà sulle resistenze tedesche, varando un piano mastodontico dal valore di 1.100 miliardi di euro per il biennio 2015-2016. Proprio in questi anni la crisi in Grecia costringe ad attuare l’austerity costringendo la popolazione a pesanti sacrifici. Ma il bilancio finale è comunque positivo. La Grecia stessa, nonostante non sia ancora fuori dalla sua difficile situazione, ha registrato un aumento del Pil del 2,1% nel 2019, scongiurando definitivamente il rischio di default.

Dopo otto anni trascorsi alla guida della principale istituzione economica europea, l’eroe dell’Euro non se ne è andato con una sfarzosa cerimonia al Teatro dell’Opera di Francoforte, come aveva fatto il suo predecessore, ma con un’uscita di scena semplice e sottotono, organizzando una modesta festa nel palazzo della Bce per ufficializzare il passaggio delle consegne al suo successore. Ovvero l’ex direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde che si ritrova a dover fare i conti con un’eredità pesante, ma con un solido progetto economico già avviato dal precedente mandato. Resta comunque l’incertezza della crisi pandemica e delle sue conseguenze economiche, che rimangono la grande sfida della nostra epoca, mentre si profila all’orizzonte l’incombente minaccia del cambiamento climatico.