L’arrivo nel cortile di palazzo Chigi. Il “picchetto” d’onore. L’accoglienza del presidente del Consiglio uscente al primo piano della presidenza. Un colloquio a quattr’occhi con Draghi e il rito della campanella, il cerimoniale che dal 1996 segna il passaggio di consegne tra vecchio e nuovo premier. Poi il primo consiglio dei Ministri e, in serata, un incontro informale con il presidente francese Macron in un hotel romano. La prima giornata di Giorgia Meloni da presidente del Consiglio – questa la dicitura preferita, al maschile – procede secondo il protocollo, tra sorrisi cordiali e consapevolezza delle difficili sfide che attendono il nuovo governo. In attesa della fiducia delle Camere.

L’arrivo di Meloni a palazzo Chigi.  Nel palazzo del governo alle 10 è tutto pronto: ai bordi del lungo tappeto rosso sono schierati i lancieri di Montebello, la Marina militare, l’Aereonautica, i Carabinieri e la Guardia di Finanza. Giorgia Meloni arriva poco prima delle 11, a bordo di un’Alfa Romeo grigia con ai lati la bandierina tricolore e lo stendardo della presidenza del Consiglio. In giacca e pantaloni scuri, camicia bianca e scarpe comode, la neopremier passa in rassegna le forze armate in uniforme e la banda dell’esercito prima di entrare nel palazzo dove ad attenderla, al primo piano della presidenza, c’è Mario Draghi. Dopo un cordiale e rapido scambio di battute, l’ormai ex premier, “padrone” di casa, indica la strada alla leader di FdI, visibilmente emozionata, per il protocollare colloquio prima del passaggio di consegne.

Il faccia a faccia e la campanella. Il faccia a faccia tra Draghi e Meloni, accompagnati dai rispettivi sottosegretari alla presidenza, Roberto Garofoli e Alfredo Mantovano, dura un’ora e venti. La durata del colloquio è il segno delle difficili sfide che il nuovo governo si trova ad ereditare, dall’aumento dei prezzi dell’energia all’inflazione fino alle crescenti tensioni internazionali. L’interlocuzione tra vecchio e nuovo governo va in realtà avanti da giorni. E non mancano elementi di continuità, come la nomina a consigliere energetico presso palazzo Chigi dell’ex ministro della Transizione ecologica – ora rinominato ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – Roberto Cingolani. Di questi ed altri dossier si è discusso nello studio presidenziale, prima del passaggio di consegne. Nell’elegante sala dei Galeoni, davanti a giornalisti e fotografi, il passaggio della campanella avviene con una cordialità che non si vedeva da anni: Draghi con atteggiamento accomodante e Meloni sorridente, che per l’occasione ha cambiato le scarpe indossando dei tacchi.

Il consiglio dei Ministri. A cerimonia finita, le strade si dividono. L’uno va, l’altra rimane. Mentre Mario Draghi lascia palazzo Chigi tra gli applausi dei dipendenti e gli onori delle forza armate nel cortile, Giorgia Meloni si appresta a presiedere il Consiglio dei ministri n. 1 del nuovo governo. La riunione dura poco, mezz’ora soltanto. Dopo un “sentito ringraziamento” al presidente Mattarella e l’esortazione a “lavorare uniti”, i primi adempimenti: le nomine di Salvini e Tajani a vicepremier, di Mantovano a sottosegretario della presidenza del Consiglio e il conferimento delle deleghe ai ministri senza portafoglio. I primi Consigli dei ministri sono sempre dedicati a formalizzare la squadra di governo. Dopo la fiducia sarà il turno dei viceministri e dei sottosegretari, proposti dal presidente del Consiglio e nominati dal presidente della Repubblica.

L’incontro con Macron. Il primo giorno del nuovo governo è però anche il giorno del primo incontro internazionale di alto livello. In serata in un lussuoso hotel al Gianicolo Giorgia Meloni ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron, nella capitale per un evento promosso da Sant’Egidio a La Nuvola dell’Eur. Un incontro proficuo – riferiscono le parti – anche se informale, con al centro tutti i principali dossier europei: il caro energia, la difficile congiuntura economica, il sostegno all’Ucraina, la gestione dei flussi migratori. Una vicinanza strategica resa ancora più importante dal trattato del Quirinale, firmato lo scorso anno, che lega i due paesi in molte aree di policy delicate. I due dismettono le rispettive “antipatie” politiche e si dicono fiduciosi sul lavoro da fare insieme: Macron promette di “continuare tutto il lavoro iniziato con l’Italia”, mentre un comunicato di palazzo Chigi parla di un “cordiale e proficuo incontro”. Ora alla neopremier non resta che incassare la fiducia delle Camere, prevista tra martedì 25 e mercoledì 26 ottobre.