Una delegazione americana è sbarcata a Taiwan dopo la vittoria del neoeletto presidente Lai Ching-te, leader del Partito Progressista Democratico (DPP) e critico nei confronti delle ingerenze cinesi. Dopo le elezioni quindi, ricomincia lo scontro tra Washington e Pechino sull’isola di Taipei.

Scontro Usa-Cina – I toni si sono iniziati a scaldare, dopo che il segretario di Stato Antony Blinken si è congratulato con il presidente Lai Ching-te. Repentina la risposta cinese: le iniziative a favore dell’indipendenza di Taiwan saranno «severamente punite», ha dichiarato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. «Esortiamo gli Stati Uniti – si legge in una nota pubblicata da Pechino – a riconoscere l’estrema complessità e la sensibilità della questione di Taiwan e a rispettare con serietà il principio della Unica Cina e i tre comunicati sino-americani, attuando le promesse fatte dai leader americani di non sostenere l’indipendenza di Taiwan e il concetto delle due Cine, e non cercare di utilizzare la questione di Taiwan come mezzo per contenere la Cina». La cosiddetta politica “Una Cina”, cioè il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese come sovrana di tutti i territori, compresa Taiwan, è stata da sempre al centro degli scontri tra Pechino e Washington. Nel 1972 Nixon andò in viaggio in Cina e firmò, insieme a Mao Tse-tung, il comunicato di Shanghai, documento che pose le basi per i futuri rapporti diplomatici tra i due Paesi.

Chi è Lai – Il nuovo presidente taiwanese, per quattro anni vice della presidente uscente, Tsai Ing-wen, ha parlato con un tono moderato. «Non sarò né aggressivo né umile, manterrò lo status quo», ha rassicurato Lai Ching-te. Ha ringraziato gli elettori per aver «resistito alle interferenze esterne»: un riferimento a Pechino che aveva intimato i taiwanesi a non votarlo, definendolo «un separatista distruttore della pace». Lai Ching-te ha anche garantito: «Mantenere la pace e la stabilità sullo Stretto di Taiwan è una missione importante della mia presidenza». Una strada pragmatica che si accorda con il desiderio della maggior parte dei taiwanesi, che preferiscono il mantenimento dello status quo sia alla riunificazione che all’indipendenza. Il candidato inviso a Pechino ha ottenuto il 40 per cento dei voti, lasciando sconfitti gli avversari Hou Yu-ih del Partito Nazionalista Kuomintang (KMT) con il 33 per cento e Ko Wen-je del Partito Popolare con il 26 per cento.

Invio delegazione non è una novità – Gli Stati Uniti mirano alla continuità nei rapporti con Taiwan e hanno assicurato che l’impegno verso Taipei è «solido come la roccia». Affermazioni anti-Pechino che si aggiungono all’invio di una delegazione americana a Taipei. Si tratta però di una mossa che può essere ridimensionata alla luce di due elementi. Il primo è che quella è che è stata inviata è una delegazione composta da ex alti funzionari: si tratta quindi di una rappresentanza non ufficiale che permette a Biden di lanciare un segnale di solidarietà e, nello stesso, di salvaguardare il rapporto con Pechino. Bisogna anche ricordare che non si tratta di una novità: l’invio di funzionari americani era già avvenuto dopo le elezioni presidenziali del 2000, 2008 e 2016. Visite che si erano concluse con la protesta della Cina ma senza ulteriori conseguenze. Si tratterebbe per ora di una normale schermaglia diplomatica che la Casa Bianca ha interesse nel mantenere tale. Gli Usa hanno fatto sapere a Pechino di non volere che la questione taiwanese possa incrinare la fase di distensione tra i due Paesi e Biden ha ricordato: «Noi non sosteniamo l’indipendenza». Immediata la reazione della Cina che ha espresso «totale opposizione contro qualsiasi interazione tra gli Stati Uniti e Taiwan». Accolta invece con favore la decisione del Nauru, piccolo stato dell’Oceania di interrompere i rapporti con Taiwan e di non riconoscerne l’indipendenza. Già nel 2002 il Nauru aveva scelto di schierarsi a favore della Cina per poi tornare a sostenere Taiwan. Sono 12 stati nel mondo che riconoscono ufficialmente l’indipendenza di Taiwan: Belize, Guatemala, Haiti, Isole Marshall, Palau, Paraguay, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, eSwatini, Tuvalu e Città del Vaticano.

Elezioni parlamento – Sabato si è votato anche per il parlamento taiwanese. Il partito di Lai Ching-te, il Partito Progressista Democratico, non ha raggiungo la maggioranza, fermandosi a 51 seggi su 113. Il KMT ne ha ottenuti 52 e il Partito Popolare di Taiwan otto, e due sono stati assegnati a candidati indipendenti.