Condividevano informazioni false contro migranti, vaccini e culture straniere. Manipolavano video e immagini. Facebook ha chiuso 23 pagine, che contavano complessivamente  2,46 milioni di follower, con l’accusa di odio e diffusione di fake news. Oltre la metà di queste pubblicava contenuti a sostegno di Lega e Cinque Stelle. La decisione è arrivata dopo un’accurata indagine della ong Avaaz, che si occupa di diritti umani e campagne ambientali. Il vicepremier, Luigi Di Maio, ha dichiarato che il Movimento Cinque Stelle non c’entra nulla con le informazioni pubblicate su questi profili: «Non abbiamo notizie di pagine che sono state chiuse e che erano gestite da noi». Ma questa vicenda è solo la punta dell’iceberg di un sistema in cui viene sfruttato il web per indirizzare, attraverso la manipolazione della realtà, i sentimenti (e i voti) dei cittadini. Ormai le fake news hanno invaso i social network. Sono poche le  persone che riescono a capire di aver condiviso un contenuto multimediale che non rappresenta la realtà dei fatti. E sono ancora meno gli utenti che decidono di eliminare o segnalare il post pubblicato. Come possiamo, allora, difenderci?  «E’ essenziale risalire alle fonti. Da lì parte la ricerca»,  ha sostenuto più volte Tom Trewinnard di Meedan, service che si occupa di fact checking.

I primi passi – «Non dobbiamo farci prendere dall’emozione. Dobbiamo sempre verificare quello che stiamo guardando o leggendo, partendo dall’idea che se ci sono contenuti sensazionalistici, la maggior parte delle volte si tratta di bufale», spiega il debunker David Puente, che recentemente ha pubblicato un libro sul tema intitolato “Il grande inganno di internet. False notizie e veri complotti. Come difendersi”. Innanzitutto è importante esaminare se la notizia è stata ripresa da altre testate giornalistiche o, al contrario, se è stata già smentita. Molto semplicemente, quindi, basta cercare la notizia online e vedere se nel mare magum del web non c’è già stato qualche debunker che ha smascherato il contenuto editoriale. Se questo primo passo non è sufficiente, dobbiamo concentraci sul nome della pagina che ha pubblicato l’articolo: esistono infatti molti siti di fake news che hanno nomi somiglianti a quelli di testate giornalistiche note. Potreste aver letto un articolo del Fatto Quotidaiino e non del Fatto Quotidiano, della Reppublica e non della Repubblica.

Gli step intermedi – Tuttavia, se questi step iniziali non dovessero funzionare, è necessario allora utilizzare dei trucchi più complicati e meno intuitivi. Per verificare se una foto, un video o un articolo si attengono a rappresentare la realtà dei fatti è fondamentale guardare la data di pubblicazione. Per quanto riguarda gli articoli, «cercando su google si può vedere se la notizia in questione è già stata pubblicata precedentemente da altre testate giornalistiche e poi, con le dovute modifiche, ripresa sul sito o sulla pagina Facebook dove l’abbiamo trovata. E’ importantissimo» spiega Puente. Se, invece, pensiamo che un’immagine non si riferisca a ciò che viene trattato nell’articolo o a ciò che è descritto nella didascalia, dobbiamo cercare di capire quando e dove è stata scattata. In questo caso, si può salvare la foto e caricarla su Google immagini oppure può essere utilizzato Tine Eye,un sito che permette non solo di scoprire di che immagine si tratta ma anche quando e su quale sito è stata utilizzata online. Ma se Tine Eve per qualche motivo non dovesse esserci d’aiuto, possiamo ricorrere anche Invid, una piattaforma in cui, oltre alle fotografie, vengono anche analizzati i video.

Le deep fake –  I video manipolati sono, infatti, la nuova frontiera della disinformazione online, le cosiddette deep fake: cilp tagliate in cui, grazie all’intelligenza artificiale, chi viene ripreso dice frasi che non ha mai pronunciato o fa cose che non ha mai fatto. Anche in questi casi, nonostante ci troviamo di fronte a fake news molto più elaborate rimane valido il mantra di Trewinnard: cercare la fonte. E’ fondamentale capire, quindi, se queste clip facciano parte di video più ampi o se siano state modificate in corso d’opera. Per fare ciò, otre a Invid, esiste anche un altro sito, Contextubot, dove è possibile vedere se le clip circolate in rete fanno parte di video più ampi trasmessi in Tv. «Bisogna perderci un po’ di tempo e non sempre si risale al video originale, soprattutto perché quest’ultimo è circolato online molto meno rispetto al video contraffatto», dice Puente.  Non per forza, però, bisogna ricorrere a queste piattaforme per smascherare una deep fake. A volte può bastare anche uno sguardo molto attento. Nel settembre del 2018  un gruppo di ricercatori dell’Università di Albany a New York ha sviluppato un nuovo metodo per identificare i video fasulli monitorando il battito di ciglia dei protagonisti, che normalmente si ha ogni 2-10 secondi circa e di cui, invece, nei deep fake non c’è traccia.