Filippo Turetta tornerà in Italia. Il ragazzo, accusato come unico e primo sospettato di aver ucciso la ex fidanzata Giulia Cecchettin, durante l’udienza di convalida dell’arresto ha acconsentito all’estradizione. Una richiesta arrivata, come da prassi, dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. La procedura verrà presa in carico dal tribunale di Naumburg e potrebbe richiedere fino a due settimane, che il ragazzo passerà nel carcere di Halle. Intanto, è prevista per lunedì 20 novembre l’autopsia sul corpo della vittima, che darà più elementi sulla dinamica del decesso.
L’arresto – La corsa a bordo della Grande Punto nera del giovane 22enne si è fermata sabato 18 novembre sera a un centinaio di chilometri da Lipsia, quando il ragazzo è stato identificato dalla polizia locale mentre sostava a fari spenti a bordo di una carreggiata sulla A9, infrangendo così il codice della strada tedesco. Turetta si era fermato perché rimasto senza benzina e senza soldi: non è ancora chiaro quale fosse il suo piano. Prima di sostare, la vettura procedeva sull’autostrada in direzione sud: per questo si ipotizza anche che il giovane fosse arrivato a nord del Paese, in zona Berlino, e poi avesse fatto dietrofront. Tutto era iniziato sabato 11 novembre quando i due ragazzi erano partiti da Vigonovo, in Veneto, dove Giulia abitava con la famiglia: sembra che si fossero dati appuntamento per andare a scegliere le scarpe per la laurea di lei. Non è ancora chiaro il percorso che ha seguito la Punto nera di Filippo: quello che hanno ricostruito gli inquirenti fino ad ora ipotizza una prima tappa in Friuli, con la sosta al lago di Barcis. Filippo sarebbe poi ripassato per il Veneto, in zona Cortina, dove avrebbe pagato la benzina a un distributore automatico con una banconota da 20 euro insanguinata. Poi, il 22enne avrebbe passato la frontiera con l’Austria, toccando più punti: Lienz e la Carinzia. Infine, la Germania. Sul cellulare di Turetta sono state trovate delle ricerche che riguardano i metodi di sopravvivenza ad alta quota che potrebbero confermare l’ipotesi di premeditazione, ma essendo un appassionato di escursionismo, non è detto che questo abbia a che fare con il delitto. Su di lui pendeva da giorni un mandato di arresto internazionale per omicidio emesso dalla procura di Venezia.
Il ritrovamento del corpo – Il corpo della ragazza è stato ritrovato 24 ore prima dell’arresto di Turetta, in un canale lungo la strada che collega il lago di Barcis alla stazione turistica di Piancavallo, vicino a Pordenone. Diverse le coltellate, al collo e alla testa, addosso gli stessi vestiti che indossava il giorno della scomparsa. La svolta delle indagini è arrivata giovedì mattina, quando le telecamere di sorveglianza stradale a Piancavallo hanno hanno rivelato un video che mostrava la Fiat Punto nera di Filippo. Poche ore prima era arrivato il video delle telecamere della zona industriale di Fossò, a pochi chilometri da Vigonovo, nel quale si vedeva Filippo aggredire ripetutamente Giulia e poi caricarla in macchina. Nel luogo dell’aggressione, i carabinieri avevano repertato chiazze di sangue, una ciocca di capelli e un pezzo di nastro adesivo. Sul luogo anche un coltello con la lama spezzata, ma pulito, quindi inizialmente escluso dalle indagini. Giulia è stata ritrovata sotto alcuni massi a una cinquantina di metri dal livello della strada, coperta da sacchi neri. Secondo gli inquirenti, è difficile che sia stata fatta rotolare fino a lì: Turetta l’avrebbe trasportata in spalle la notte tra sabato e domenica 12 novembre, giorno della scomparsa, per poi risalire a piedi con il probabile aiuto di una torcia. L’autopsia, che si svolgerà nella facoltà di Medicina legale di Padova, dovrebbe chiarire la dinamica dell’omicidio.
Le famiglie – Prima l’appello congiunto, poi le parole di rabbia e le esortazioni a denunciare. Le dichiarazioni delle due famiglie risuonano da una settimana su televisioni e giornali. Poco dopo la scomparsa dei due giovani, un appello congiunto dei genitori per convincerli a tornare. Poi, dopo il ritrovamento del corpo e l’arresto del giovane, lo choc e la disperazione. Il padre del sospettato, Nicola Turetta, incredulo, ha dichiarato: «Avrei preferito che la cosa finisse in un altro modo, ma è mio figlio, devo dargli forza, la vita deve andare avanti. Non riusciamo a capire come possa aver fatto una cosa così, un ragazzo al quale abbiamo cercato di dare tutto». La comunità di Vigonovo si stringe intorno a Gino Cecchettin, vedovo da poco più di un anno, e ai figli Davide ed Elena. La sorella già nelle prime dichiarazioni aveva affermato che «Giulia stava cercando di staccarsi, ma non era facile: c’era una sorta di manipolazione da parte di Filippo». La ragazza, insieme al padre, ha sottolineato quanto sia importante denunciare, al primo segnale di violenza. «Non fate un minuto di silenzio per Giulia, ma bruciate tutto», ha scritto sui propri canali social e ha ripetuto in una lettera al Corriere della Sera la ragazza 24enne, «dico questo in senso ideale, per far sì che il caso di Giulia sia finalmente l’ultimo, ora serve una sorta di rivoluzione culturale». Ai microfoni dei giornalisti appostati davanti a casa sua, Gino Cecchettin ha detto poche parole: «Non provo rabbia, non provo nulla, io penso alla mia Giulia che ormai non c’è più».