«Pronto, sono Montalbano». Non Salvo, il commissario, ma un tale Giovanni che si presentava al telefono come segretario del ministro della Difesa Guido Crosetto. Solo che a palazzo Baracchini questo Montalbano non c’è mai stato. È uno degli alias che sono stati usati nella prima settimana di febbraio per truffare alcuni tra i più facoltosi imprenditori d’Italia, convinti di aiutare il proprio paese in una delicata vicenda diplomatica. Sono stati presi di mira da professionisti della truffa organizzati nei minimi dettagli, che chiamavano con numeri del ministero per rendere il tutto più credibile e impersonavano, a turno, Montalbano, un generale dell’esercito e Crosetto stesso. «La mia denuncia è già pronta», ha commentato il ministro, e oggi, lunedì 10 febbraio, sul tavolo del pm Giovanni Tarzia si attende anche quella della famiglia Del Vecchio, uno dei bersagli dell’operazione.

La truffa – Sono tre le denunce arrivate finora al nucleo investigativo dei carabinieri guidato dai colonnelli Antonio Coppola e Fabio Rufino: quelle delle famiglie Beretta e Aleotti e quella di Massimo Moratti, finora l’unica vittima accertata. Alla Repubblica Moratti ha raccontato della vicenda che gli è costata una somma attorno al milione di euro. Prima la telefonata del finto Crosetto: «Dobbiamo pagare un riscatto in Medio Oriente. Abbiamo dei giornalisti da liberare e abbiamo bisogno di pagamenti con fonti di privati che le faremo riavere, perché ci sono delle difficoltà burocratiche se a pagare è lo Stato. La faccio chiamare da un generale». Poi le insistenze del finto generale: «La Repubblica chiede il suo aiuto e le sarà riconoscente». Quando però Moratti, a bonifico inviato, è stato di nuovo contattato per compiere «uno sforzo in più», si è insospettito e ha chiamato Crosetto, quello vero: «Ma io non l’ho mai cercata».

La scoperta – È stato lo stesso ministro a scoprire l’inganno, proprio grazie alle telefonate di imprenditori che, come Moratti, l’hanno chiamato per chiedere lumi. Nell’esposto che sta per consegnare in procura a Milano ha ipotizzato il reato di sostituzione di persona e rimane a disposizione nel caso in cui dovesse essere ascoltato dagli inquirenti. Nel frattempo, la procura guidata da Marcello Viola ha stilato una lista di possibili obiettivi dell’imbroglio da sentire per cercare di ottenere più informazioni sulla vicenda. L’elenco dei presi di mira è notevole e comprende, tra gli altri, Giorgio Armani, Esselunga, la famiglia Caltagirone, Marco Tronchetti Provera e Diego della Valle. Già nei prossimi giorni potrebbero arrivare altre querele.

Le indagini – Gli unici due bonifici ricevuti dai truffatori, per quanto si sa finora, sono finiti all’estero. Gli inquirenti stanno seguendo la pista del denaro per cercare di capire chi si cela dietro la trappola, rincorrendo i flussi che portano nel resto d’Europa per poi svanire forse in qualche paradiso fiscale (c’è anche l’ipotesi Hong Kong). Mentre si cerca di bloccare i conti, sono stati anche attivati tutti i meccanismi di cooperazione internazionale nel tentativo di recuperare il milione rubato. Per ora le indagini puntano a una banda di almeno quattro persone esperte, delle quali almeno due sono in grado di parlare perfettamente l’italiano. Non sarebbe stata usata l’Ia per replicare le voci, ma si ipotizza l’utilizzo di un software in grado di alterarla. Chiamavano appoggiandosi a diversi server contemporaneamente per evitare triangolazioni, mentre sul cellulare della vittima appariva un numero del ministero o un numero belga (dai quartieri generali della Nato, dicevano). D’altronde, come ha detto anche Moratti, «questi sono bravi, sembrava assolutamente tutto vero».