Salwan Momika mentre brucia il Corano (Expressen)

Non li hanno fermati le reazioni dei Paesi islamici né le ripetute minacce di morte. Questa volta il rifugiato iracheno Salwan Momika e il suo connazionale Salwan Najem sono arrivati davanti al Parlamento svedese scortati dalla Säpo (la “polizia di sicurezza” svedese). Sono loro i fautori delle azioni che hanno innescato una crisi diplomatica in Svezia, rallentandone l’ingresso nella Nato e causando un aumento dell’allerta terrorismo nel Paese. Da fine giugno, quella del 14 agosto è stata la loro quarta manifestazione contro il Corano.

La protesta – Polizia, decine di giornalisti, i consueti turisti del centro storico e contromanifestanti, questa volta più numerosi e non solo musulmani. Tra la folla, anche qualche sostenitore della protesta, come una donna completamente vestita di nero che brandisce un grande crocifisso. Un uomo cerca di fare breccia nel cordone di sicurezza della polizia per aggredire i due manifestanti ma viene subito bloccato. I due fanno il loro ingresso nella piazza di Mynttorget, nel cuore di Stoccolma e iniziano ad allestire il set per la diretta che andrà in onda su TikTok, dove il grande seguito gli consente di guadagnare soldi. Si filmano mentre prendono a calci e calpestano il testo sacro e danno fuoco ai fogli A4 con passaggi dal Corano in arabo e in svedese. All’altoparlante Salwan Najem, in Svezia dal 1998 e dal 2005 cittadino svedese, parla in svedese, mentre Momika parla in arabo.

Chi è Salwan Momika – Il 37enne iracheno, in Svezia dal 2018 e dal 2021 rifugiato politico, sostiene di manifestare contro la religione islamica. Appartenente a una minoranza cristiana ma ateo, in Iraq aveva un ruolo di spicco in una milizia nata per contrastare l’Isis con stretti legami con l’Iran. Nelle ultime settimane, dai social sono emersi ulteriori dettagli sul suo passato da miliziano, che comprenderebbe anche crimini di guerra. Un’ipotesi che, se confermata, porterebbe alla sua espulsione dal Paese. Al momento Momika e Najem risultano indagati per atti di odio contro gruppo etnico e per aver violato il divieto di appiccare incendi in città in occasione delle proteste. Sono noti i legami di Momika con l’estrema destra nordica. Da sempre sostenitore del partito ultranazionalista di estrema destra dei Democratici Svedesi, da un anno ne è anche membro e recentemente ha dichiarato di volersi candidare con loro per entrare nel riksdag, il Parlamento svedese. Precursore delle dimostrazioni anti-musulmane di Momika è Rasmus Paludan, leader del partito di estrema destra danese Stram Kurs. È lui ad aver bruciato il Corano davanti all’ambasciata turca di Svezia il 21 gennaio 2023, pregiudicando l’ingresso immediato del Paese nella Nato.

La crisi diplomatica – I roghi del Corano costituiscono insieme alla questione curda un ulteriore motivo per l’opposizione della Turchia all’ingresso della Svezia nell’alleanza transatlantica. Il tentativo di Stoccolma di aderire alla Nato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia l’ha messa sotto i riflettori internazionali e il governo svedese sostiene che dietro alle azioni contro il Corano ci sia l’appoggio russo. La Svezia sarebbe stata bersaglio di una campagna di disinformazione da parte di «attori sostenuti dalla Russia», secondo quanto ha scritto su Instagram il 26 luglio il primo ministro svedese Ulf Kristersson. Gli atti di profanazione del Corano hanno suscitato indignazione in tutto il mondo musulmano. L’assalto dell’ambasciata svedese a Baghdad con l’espulsione dell’ambasciatore dall’Iraq, la bomba inesplosa lanciata contro l’ambasciata svedese a Beirut, e la sospensione da parte del governo talebano di tutte le attività svedesi in Afghanistan sono solo alcune delle reazioni arrivate a seguito delle proteste. Intanto, la comunità musulmana in Svezia si sente minacciata.

Le minacce terroristiche e i provvedimenti del governo – Secondo la Säpo (la “polizia di sicurezza” svedese), i recenti roghi del Corano in Svezia e le reazioni negli Stati islamici hanno provocato un peggioramento della situazione della sicurezza in Svezia. «Siamo passati dall’essere percepiti come un paese tollerante all’essere ostili ai musulmani. E questo significa che le minacce contro la Svezia sono in aumento», dice Susanna Trehörning, vicecapo dell’antiterrorismo di Säpo. Perfino il Regno Unito domenica 13 agosto ha messo in allerta i propri cittadini che viaggiano verso la Svezia sulla «elevata probabilità» di attentati terroristici su suolo svedese, raccomandando «alta vigilanza nelle aree pubbliche». A fronte dell’allerta, il primo ministro Ulf Kristersson e il ministro della giustizia Gunnar Strömmer hanno annunciato nuove misure e provvedimenti del governo per far fronte alla situazione e prevenire le minacce, a partire da un rafforzamento dei controlli alle frontiere interne. Il governo svedese ha preso le distanze dalle proteste e intende introdurre una modifica alla legge sull’ordine pubblico per impedire altri roghi del Corano. Per ora, è la polizia che accorda o nega i permessi di manifestare. Il governo si trova in difficoltà anche per le uscite di alcuni esponenti dei Democratici Svedesi, che fanno parte della maggioranza e che hanno espresso il loro sostegno alle azioni contro il Corano in nome della libertà di espressione.

La libertà di espressione in Svezia – Proprio alla libertà di espressione si era appellato Salwan Momika per vedersi accordato il permesso alla prima manifestazione, quella del 28 giugno di fronte a una moschea di Stoccolma. La polizia aveva inizialmente respinto la sua richiesta, poi accolta dalla Corte d’appello. La libertà d’espressione è un valore fondante nel Paese che per primo al mondo si è dotato di una legge sulla libertà di stampa e non sembra essere negoziabile per i suoi cittadini. Questo rende la Korankris (la “crisi del Corano”), una crisi non solo diplomatica, ma anche identitaria. In un Paese in cui le opinioni si sono sempre mantenute in quello che lo studioso Henrik Oscarsson definisce åsiktskorriden (“il corridoio delle opinioni”), cioè «la zona cuscinetto dove hai ancora un margine di manovra per esprimere giudizi senza dover ricevere una nuova diagnosi del tuo stato mentale», i roghi del Corano hanno sollevato una riflessione su ciò che rientra nell’ambito della libertà di espressione.

La scrittrice e giornalista Elisabeth Åsbrink (Sveriges Radio)

I sondaggi – Secondo un sondaggio di luglio scorso pubblicato dal quotidiano della sera Aftonbladet, uno svedese su due pensa che queste azioni di protesta non dovrebbero essere consentite. Molti di coloro che pensano che i roghi del Corano dovrebbero essere illegali credono che vada bene criticare la religione, ma che in questo caso si tratti di una provocazione e di un’offesa. Lo stesso pensiero ha espresso in un’intervista al Corriere della Sera la scrittrice e giornalista Elisabeth Åsbrink, che sui valori svedesi ha scritto il best-seller Made in Sweden, le parole che fanno la Svezia (Iperborea, 2021). Intanto, un poliziotto svedese di origine irachena e di fede musulmana dice: «È fantastico che qui ognuno possa esprimere la propria opinione, anche se quell’opinione non ci piace. Credi che in Iraq sia possibile fare una cosa del genere? Benvenuti in Svezia, dove tutti sono liberi di dire quello che vogliono. Se non vi sta bene, siete anche liberi di tornare a casa vostra».